Benvenuti nell’epoca della morte della ragione

Benvenuti nell’epoca della morte della ragione.

Sono anni (quasi dieci) che parliamo ostinatamente di crisi senza renderci neppure conto di cosa sia successo (e di cosa stia continuando a succedere).

La mia generazione è cresciuta a interrogazioni a scuola, verifiche, ansia e crisi…

I sogni? Meglio non parlarne, dicevano, sono “cose per illusi”.

Ma i sogni sono vita. Sono una ragione di vita. Sono oltre la vita stessa.

Il punto è che i sogni possono diventare anche ambizione qualche volta ma senza coraggio non esiste metamorfosi.

C’era (c’è) la crisi però ed è meglio non parlarne allora. Soprattutto tra i banchi delle scuole…

Il risultato? Grigio appiattimento su un presente opaco e apparentemente senza prospettive, pensieri e riflessioni allo sbando, totale mancanza di visioni, apatia e contraddizioni inconcludenti.

Nel mondo delle imprese esiste un concetto che si esplica e si traduce in maniera chiara soprattutto durante la vendita: proponi una soluzione ad un problema e il tuo cliente, agendo razionalmente, accetterà la tua proposta.

L’economia politica stessa si fonda sull’azione dell’“Homo oeconomicus”, il consumatore razionale che agisce in maniera cosciente e appunto razionale. Peccato esista anche il marketing a guastare la festa…

La fine della razionalità per Gianni Vattimo ha comportato la vittoria del pensiero debole.

Sosteneva il filosofo nel 2015 nel corso di un’intervista: “Oggi, visto il contesto segnato dalla crisi della razionalità e dalla fine delle ideologie, possiamo dire che il pensiero debole ha trionfato. È diventato il pensiero, ad esempio, che si oppone al governo tecnico, all’idea cioè che ci sia un’unica politica possibile che è quella scientificamente raccomandata dagli economisti e grandi entità finanziarie. Pensiero debole oggi è insistere sul fatto che nessuno può dirsi proprietario della verità valida per tutti ma che esistono molte interpretazioni che devono confrontarsi e accordarsi tra di loro, ma non in nome di una verità oggettiva. Non è che la mancanza di un verità assoluta danneggi l’esistenza sociale, probabilmente è vero il contrario: quelli che si arruolano nell’Is certamente non sono pensatori deboli”.

Ma andiamo oltre, andiamo oltre il pensiero debole, andiamo alla conseguenza diretta: alla vittoria della mediocrità.

Il mondo oggi, il potere vero, è dei mediocri. Dalla politica all’impresa dove il mito e la potenza dei brand viene svuotata e svenduta (“perle ai porci”), dove il «consumatore-credente» obbedisce ciecamente in maniera poco responsabile (non razionale appunto), domina la «dittatura del buonumore» a prescindere e senza alcun reale fondamento cognitivo sull’importanza effettiva dell’ottimismo.

Domina in breve il dogma del “tutto e subito”, a basso costo, senza nessuna cura del fattore tempo e del fattore sacrificio.

Sul lavoro: nessuno cerca più la skill per eccellenza, lo spirito critico, perché fa paura.

Il problema è che lo spirito critico funziona sotto le armi, in guerra, quando bisogna prendere ordini.

Se qualcosa è andato storto in un’azienda, in un’università, in una scuola forse è il momento di cominciare a farci qualche domanda…

Ogni aspetto della nostra vita viene pertanto condizionato inevitabilmente da una serie imprevedibile di fattori che crediamo di dominare e conoscere ma che invece ci sfuggono.

La paura di non rispondere ad una serie di schemi che ci sono stati insegnati, la paura di perdere e di soffrire spinge ad accettare quella che sembra spesso una strada semplice (di fatto lo è); accettando tuttavia di non ragionare più autonomamente ci si preclude nel lungo termine tante soddisfazioni e quindi, consentitemi adesso, la felicità reale.

L’esperienza, la curiosità ma soprattutto la ragione mi hanno insegnato che non esiste niente di cui preoccuparsi veramente: quando non c’è un problema non esiste preoccupazione, quando c’è un problema possiamo sempre immaginare e quindi costruire una soluzione.
Eppure qualcosa non torna.
Guardatevi intorno: viviamo gli anni dell’attesa, del paradosso, delle mode passeggere costruite sul nulla, dello schiavismo legalizzato, dell’inganno perpetuo che accettiamo perché ci rifiutiamo di guardare la realtà negli occhi e affrontarla, di analizzarla nel suo complesso con attenzione e oggettività…
Viviamo gli anni della necessità, dove tutto si costruisce e si distrugge non per passione ma necessità appunto.
Viviamo gli anni dove si è costretti a sopravvivere perché molte opportunità vengono negate.
Viviamo gli anni dell’apatia, del vuoto che si tenta di riempire scavando anfratti nei paradisi artificiali.
Viviamo gli anni dove per denaro si rinuncia a costruire valore destinato a vivere nella storia, a vincere la nostra stessa vita.
Viviamo gli anni delle promesse politiche costruite sull’ignoranza e la rassegnazione.
Viviamo gli anni dove rinunciamo a parlarci perché siamo spaventati, viviamo in definitiva gli anni dove non abbiamo più coraggio di tornare a vivere la nostra umanità.
Scriveremo pagine di storia prive di esempio e valore ma ricche di critiche e rimpianti.
Poniamo fine a questa eclissi e torniamo a vivere. Torniamo a pensare con la nostra testa.