Quello che la storia sta cercando di dirci…

Per ironia del destino ho guardato “Limonov” il 22 febbraio senza sapere che lo scrittore Eduard Limonov fosse proprio nato il 22 febbraio.

Non è però del film “Limonov” che intendo scrivere qui di seguito, (film di cui bisognerebbe scrivere non poco e che, temo, abbia tuttavia trascurato a sua volta molto della vita dello scrittore) ma una citazione non indifferente del film (che ci tengo a sottolineare è comunque da vedere) mi aiuta a sviluppare una riflessione non più trascurabile.

Nello specifico, la scena nella quale Eduard Limonov è a New York e si lamenta con delle ragazze del fatto che nessuno ha il coraggio di andare ad assaltare un ufficio governativo per cominciare una rivoluzione mi aiuta a ripensare meglio ai fatti che in queste ore stanno accadendo in Bulgaria e che nessuno, perlomeno in Italia, ha il coraggio di raccontare.

Non diversamente da quanto sperato da Limonov a New York, in queste ore i bulgari stanno infatti esprimendo il loro dissenso contro la possibilità di aderire alla moneta unica e questo non solo è   interessante perché ci permette di capire le ragioni di un “no” mai affrontato lucidamente ma anche perché ci permette altresì di osservare come chi si dichiara “libero” affronta il dissenso.

In altre parole, dopo la crisi dei mutui subprime, la crisi dell’euro del 2011 e la Brexit, l’adesione all’area euro della Croazia e il conseguente aumento dei prezzi nel paese hanno cominciato a suscitare in qualcuno dei dubbi a proposito di un progetto che oramai non sembra definirsi o migliorare, (come auspicato, dopo tanto patire) ma bensì peggiorare.

L’Unione europea e l’euro piuttosto che rivelarsi in effetti realtà mature e consapevoli dopo gli avvenimenti di cui sopra si stanno rivelando, al contrario, sempre più vittime della storia e non da ultimo, i fatti che in queste ore stanno avvenendo in Bulgaria ci stanno dimostrano che di fronte alle incertezze del presente l’Unione europea e ciò che da essa dipende come, nei fatti, la moneta unica, non hanno saputo resistere al tempo.

Si dice che di fronte all’emergere di nuove potenze e soprattutto di fronte alla volontà di Donald Trump di riportare il suo paese al primo posto nell’agenda della Casa Bianca sia necessario avere “più Europa” e questo, fatto senz’altro almeno in teoria vero, è però un motivo che dovrebbe ispirare una riflessione ben più profonda di quella che viene ispirata dall’ideologia.

Se di fronte alle incertezze i paesi membri dell’Unione si presentano divisi e se dell’euro si comincia apertamente a diffidare, affermare che serve “più Europa” “cui prodest”? Pur non volendo delegittimare l’importanza di un’Unione sovranazionale e il merito che in alcuni ambiti ha appunto avuto l’Unione europea, mi domando di fatto di quale Europa si ritenga di aver più bisogno.

Insomma, se è ormai evidente di fronte non solo ai bulgari ma anche ai croati e a un ceto medio (non solo italiano) ogni anno sempre più povero che da quando è entrato in vigore l’euro è cambiato qualcosa credo sia opportuno evitare frasi fatte.

La mia stessa generazione, quella che per intenderci si lamenta di tutto sui social e che però non muove un dito di fronte alla precarietà del lavoro e al fatto di non riuscire più a risparmiare dovrebbe, piuttosto che lasciarsi condizionare da spettri in camicia nera che restano tali e che vengono agitati come utile diversivo, ripudiare di fatti la retorica e abbracciare, se non una nuova idea di Unione una rinunzia.

Lungi da me citare ancora Limonov ora ma, chiedersi di fronte al presente chi vogliamo essere non credo sia così trasgressivo bensì, al contrario, forse addirittura necessario.

Insomma, di fronte ai fallimenti degli ultimi anni e alla oggettiva insoddisfazione di una classe media sempre più esausta cosa riteniamo opportuno essere? Riteniamo opportuno continuare a contraddire la nostra ossessione per la trasparenza con il silenzio a proposito dei rapporti opachi tra la Commissione europea e le cause farmaceutiche che hanno prodotto i vaccini “contro” il Covid-19? Riteniamo opportuno continuare a delegittimare ogni forma di dissenso in barba a quello che si pretende essere un presente inclusivo?

La verità, per quanto triste da accettare è che abbiamo perso il senso della storia con la nostra convinzione per cui sia molto più importante studiare le materie “STEM” per un posto di lavoro migliore.

La nostra folle ossessione per la tecnica ha infatti leso il nostro rapporto con la storia e, per quanto importanti siano naturalmente le cosiddette materie “STEM”, ci ha suggerito di pensare che esistessero solo loro e che fosse opportuno, di conseguenza, sterzare con vigore verso il rifiuto delle materie umanistiche.

Noi, però, che viviamo ormai la storia come uno spettacolo di cui godere a teatro, siamo diventati senza rendercene conto orfani di noi stessi e adesso che dovremmo riscoprirci qualcosa o maturare una più attenta riflessione anche sull’euro, (non a caso), le uniche attività di cui ci scopriamo capaci sono sopravvivere e liquidare ciò che ci dicono di liquidare con parole che iniziano per “no” o “filo” (e questo, nell’era dell’Intelligenza Artificiale non è solo preoccupante ma senz’altro avvilente)….