Racconto di Capodanno
Ho letto di recente che molti anni fa, un tale di nome Cesare Borgia si prese la briga di organizzare per i suoi conoscenti un indimenticabile veglione di Capodanno.
Lo so, so bene che quel veglione organizzato a Senigallia non fu proprio uno spasso per gli invitati ma avere quattro zampe, due orecchie a punta, i baffi e una pelliccia non mi impedisce affatto di avere uno spiccato senso dell’ironia!
Molti, credono non a caso che il mio bell’aspetto sornione non possa nascondere un animo ilare e giudizioso ma quei molti sono dopotutto gli stessi che pensano che un gatto sia solo un gatto e che a Capodanno si debba obbligatoriamente fare qualcosa…
Io, ad esempio, questa sera non combinerò nulla o, meglio, appena i miei padroni saranno andati via, leggerò le ultime pagine del romanzo “I Borgia” di Alexandre Dumas e continuerò a studiare appunto Cesare Borgia e come a Capodanno sistemò una volta per tutte i suoi nemici anche se, ad essere onesti, rinuncerei volentieri alle mie letture pur di restare un altro po’ con i miei padroni, più tardi.
Li ho guardati in effetti tutto il giorno, i miei padroni, i miei cari padroni e malgrado io voglia loro bene non ho potuto fare a meno di chiedermi come abbiano potuto essere così sciocchi anche oggi.
La prima discussione che hanno avuto, una discussione inutile, a mio avviso, è scoppiata poco prima di mezzogiorno, ossia poco prima del mio secondo pasto quando lei ha risposto con un ben più che eloquente “niente” alle perplessità di lui.
E così, tra un boccone e un altro, appena ho capito cosa stava per accadere mi sono ricordato di cosa avevo sbirciato sui social media nei giorni appena passati, delle storie di preparativi, degli outfit accecanti, delle tavole imbandite e dei locali prenotati al costo di un sacchetto di crocchette per gatti sterilizzati come me e non ho potuto fare a meno di chiedermi: ma i miei padroni e i loro amici stanno veramente facendo ciò che desiderano?
Ora che aspetto, mi rendo conto che c’è qualcosa di profondamente strano nel modo con cui gli esseri umani concepiscono l’ultima serata dell’anno. Sì, sembra che la loro più grande paura non sia non mangiare bene ma essere “tagliati fuori”, non avere una storia abbastanza eccitante da condividere su Instagram o chissà dove!
Mi lecco distrattamente una zampa, so che quella roba che hanno chiamato come una marca di cibo per gatti, “FOMO”, spingerà molti a fare scelte che non vorrebbero fare, stasera; so che persone introverse non diverse dai miei padroni si ritroveranno in locali affollati dove non riescono nemmeno a parlare e che altri spenderanno uno stipendio per una serata in cui si annoieranno mortalmente solo per poter dire “l’ho fatto”, so che coppiette carine come quella dei miei padroni rinunceranno a meravigliosi compagni come me per trascinarsi a feste dove non conoscono nessuno e so che litigheranno, sprecheranno soldi che potrebbero spendere per me e so che faranno stupidaggini in nome di un testo non scritto come questo breve racconto ma molto più vincolante.
Ho un po’ di paura, lo ammetto, e non tanto dei botti a cui ormai sono abituato o della solitudine che tra poco mi abbraccerà ma di chi, come i miei padroni, cede questa sera cedono a tutto quello che non ha senso essere e cede all’idea per cui restare da soli o “non fare niente di particolare” viene interpretato come un fallimento personale.
Non saprei dire quando gli esseri umani abbiano cominciato a giudicare la qualità della loro esistenza sulla base della quantità dei brindisi dei selfie in branco ma so per certo che costringersi al branco quando il branco è finito ti rovina il pasto.
Anche io una volta avevo tanti amici ma ora che non ci sono più, ora che hanno famiglie diverse dalla mia e desideri che non possono più condividere con me, tentare di invitarli qui pur di non restare solo farebbe male a me e a loro.
La verità è che tutto passerà e che forse ad Alexandre Dumas, appena i padroni saranno lontani, preferirò un film o un cartone animato; forse una scorpacciata di erba gatta o una chiacchierata con il fantasma del piano di sopra, chissà! Ciò che ormai mi importa non è pretendere infatti che i miei amati padroni siano felici né tantomeno affannarsi a rispondere a stupidi auguri inoltrati molte volte da persone che ci inviterebbero volentieri a un Capodanno come quello di Cesare Borgia, no!
Ciò che conta, ormai, è vivere in modo autentico, evitare di contraddirsi con parole prive di valore e che presto dimentichiamo, riscoprirsi fieri nella posizione di essere fedeli a sé stessi a mezzanotte e nei minuti successivi e magari accettarsi, finalmente, per le idee che abbiamo, in primavera come in estate…