L’utopia di una rivoluzione sempre più necessaria: la rivoluzione liberale
Osservo da tempo un appiattimento del pensiero a dir poco preoccupante.
In altre parole: osservo da tempo un’omologazione capace di contraddire i princìpi teorici di un’Occidente che si pretende debba essere difeso a tutti i costi e senza discutere.
Nonostante le buone intenzioni di chi vorrebbe fingere che tutto sommato esista il pluralismo, la realtà contraddice in effetti la teoria e quel presupposto tipico di una democrazia che pretende un pensiero complesso.
Non so, infatti, se sia colpa della fretta o dei social network ma da anni, ormai, si è cominciato a spiegare la realtà solo attraverso l’utilizzo di dicotomie banali e a loro modo riduttive: dicotomie che, senza troppi giri di parole, hanno senza ombra di dubbio alcuno compromesso il significato della parola “ragionevolezza”.
Una sempre più crescente limitazione dei vocaboli e, di conseguenza, una sempre più semplificazione del pensiero ha condizionato appunto non poco il dibattito pubblico e costretto perciò la discussione solo ed esclusivamente nei limiti di un confronto tribale o, come già scritto in passato, manicheo.
Tra, ad esempio, “sì vax” e “no vax” non ha mai potuto esistere un’alternativa, una figura che legittimamente contraddiceva politiche scellerate o ispirate dall’apparenza pur non negando l’importanza della scienza, oggi; “mutatis mutandis”, tra “europeisti” e “sovranisti” non ha mai potuto esistere qualcosa di più critico così come non può tutt’ora esistere qualcosa di più critico capace di mettere in discussione ciò che vorrebbe essere Occidente.
È probabile che la semplificazione del linguaggio, così come la conseguente semplificazione del pensiero, dipendano da un processo di standardizzazione dei fenomeni sociali, (processo che è già stato brillantemente spiegato in testi come “Il capitalismo della sorveglianza”) ed è altresì probabile, che la riduzione del pensiero a modelli predeterminati banali utili all’individuo a riconoscersi in “bande” e quindi in ruoli facilmente condivisibili sui social network sia un processo utile alla gestione dei dati che l’individuo non a caso produce e consuma.
Le contraddizioni che si esprimono nella quotidianità e che confermano insomma quanto appena osservato hanno inizio nelle scuole ma proseguono nel mondo del lavoro con evidente naturalezza: in termini teorici si premia di fatto ovunque la diversità e il pensiero critico ma in termini pratici si nega effettivamente alla diversità e al pensiero critico di esporsi oltre i confini già stabiliti da terzi.
Siamo sicuri che possa esistere di fatto in un’aula a scuola o all’università o su un luogo di lavoro un’opinione difforme o semplicemente critica, non a caso, rispetto ad un pensiero generalmente riconosciuto corretto? Siamo veramente sicuri che nei luoghi appena ricordati possa ad esempio un individuo affermare la convinzione che non possa esistere alternativa al binarismo sessuale senza rischiare di essere accusato di omofobia?
Strano a dirsi ma un presente convinto che il binarismo sessuale (negli esseri umani) non sia una verità scientifica è un presente che ha contraddetto l’oggettività della scienza e trasformato la stessa in una fede ma non solo: un presente convinto che il binarismo sessuale (negli esseri umani) non sia una realtà oggettiva è un presente che tuttavia spiega tutto ciò che non può essere spiegato con una logica binaria attraverso una logica binaria fin troppo stringente.
Sì, siamo evidentemente una società contradditoria e paradossale e questo fatto è un fatto già ampiamente osservato ma c’è di più: siamo una società poco inclusiva perché anche se affermiamo il contrario non ci riteniamo capaci di riflessioni complesse, di opinioni capaci di ammettere che si può contraddire chi nega il binarismo sessuale senza essere non a caso omofobi.
Forse, malgrado sia difficile determinare l’azione di una qualche volontà all’origine di un processo storico è quantomeno possibile determinare, adesso, una (non) volontà di azione in seno alla politica e agli organi di informazione quando si discute.
In parole diverse, nessuno o pochi si battono attualmente per una più ampia valorizzazione del pensiero critico nei fatti e non già perché il tempo non ci sia ma perché ovunque (anche nel mondo dell’editoria) si pretende di dare in pasto ai fruitori di notizie proposte preconfezionate e di facile consumo: insomma, “piatti pronti”.
Credo però possa esistere, in realtà, un’alternativa interessante e capace di scardinare i meccanismi dei quali si è spesso vittima e credo che i fraintendimenti pensati per isolare il pensiero liberale siano a loro volta pensati con coscienza proprio per evitare una sua più completa comprensione.
Checché se ne dica, il pensiero liberale è un pensiero capace di spiegare non poche contraddizioni in atto e, proprio in virtù della sua ampiezza esso ci suggerisce di riscoprire l’importanza che ha la comprensione di un pensiero complesso e la sua conseguente declinazione pratica.
Il pensiero liberale si declina effettivamente in modo prevalente tra i confini del liberalismo e malgrado esso, il liberalismo, rappresenti un pensiero controverso il principio che ha ispirato ogni sua conseguenza storica non ha mai cessato di ispirare i suoi più autentici sostenitori: il potere dello Stato deve essere limitato a vantaggio dei diritti naturali dell’individuo.
Certo, la pretesa di affrontare e comprendere la complessità potrebbe non conciliarsi in modo coerente con il bisogno di individuare gli aspetti più essenziali che contraddicono il nostro oggi ma se consideriamo il fatto che alla base di un autentico liberalismo esiste il diritto dell’individuo di esprimersi liberamente, di affermare la propria unicità e di crescere in società è possibile osservare un conflitto latente tra esso, il principio liberale e una società che nei fatti incoraggia l’omologazione e la conseguente riduzione dell’individuo ad insieme di dati.
Sono a mia volta convinto della necessità quantomeno urgente di ridisegnare a sua volta i dettagli di un pensiero come quello liberale che merita una nuova crescita e sono a mia volta convinto che, soprattutto alla luce dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale lo spirito critico e uno studio coerente delle discipline umanistiche possano aiutare a superare l’equazione che pretende di spiegare il lavoratore sulla base della mera utilità funzionale (e immediata) ed è proprio perché continuo a credere che il liberalismo possa essere l’unica vera riposta capace di evidenziare il singolo con tutte le sue qualità (e tutti i suoi difetti) che sostengo la necessità di incoraggiare il singolo ad essere ribelle lì dove è possibile.
In conclusione e in parole, probabilmente diverse, proprio perché sono convinto che non possa esistere risposta coerente di fronte allo sviluppo della tecnica senza sviluppo del pensiero critico mi auguro che prima o poi i liberali possano individuare un rappresentante politico capace di premiarli e di premiare quella “rivoluzione liberale” tanto auspicata da Piero Gobetti e che oggi più che mai risponderebbe ad una sempre più sentita necessità di combattere un crescente appiattimento del pensiero: pensiero che, essendo sempre più debole, ovunque volgi lo sguardo, giudica non a caso il liberalismo con biasimo, sarcasmo o, peggio, superficialità.