Risorgere!

Ripetermi mi nausea, mi obbliga a fare i conti a mia volta con l’evidenza, il “già detto” e i crampi conseguenti ma spesso, ripetermi, non è un’alternativa: è una scelta obbligata.

Siamo ad un passo dall’abisso, l’umanità (o ciò che ne rimane) è di nuovo prossima alla catastrofe e piuttosto che prendere atto dell’evidenza e cercare di capire cosa si può fare per tentare un passo avanti si continua a discutere dei “come”, ma soprattutto dei “perché”, come farebbero dei bambini da poco approdati in prima elementare.

In altre parole, piuttosto che tentare un’analisi oggettiva dei fatti tristi di cui è protagonista il nostro presente cosa osano i più? Discorsi banali, recriminazioni reciproche e prese di posizione ideologiche che pretendono di descrivere la storia, la nostra storia, come l’ennesima lotta per la conquista delle anime.

Di conseguenza, per quanto triste sia ammetterlo occorre ribadire (nuovamente) una delle poche verità empiriche che possiamo osservare quando ci confrontiamo con il vero: la realtà è un fatto complesso.

Se dunque è facile sorprendersi quando talvolta si osserva come ci si affanni a condannare arbitrariamente Vladimir Putin ma non la posizione di Netanyahu contro tutto il mondo arabo e si dimentica, appunto, quanto la storia sia complessa e soggetta più ad interessi di parte che alle logiche del diritto internazionale, non è altrettanto facile sorprendersi quando si osserva quanto sia diffusa un’ampia ingenuità o, meglio a dirsi, una più definita superficialità.

In effetti, chiedersi cosa definisca l’opinione e, di conseguenza, l’azione non già di chi ha un potere concreto ma di chi conta poco o nulla come singolo è naturale, (soprattutto se si cerca di comprendere cosa ispiri, perciò, la storia); allo stesso modo, è naturale chiedersi come sia possibile accettare l’evidenza: presunte verità pre-costituite altrove e vendute in saldo oggi, in un tempo nel quale abbiamo creduto di aver vinto l’ignoranza.

Non ho la pretesa di possedere la Verità e non già perché la Verità non appartenga a me ma perché è difficile comprendere ciò che siamo con frasi fatte o schemi inventati da terzi solo per incanalare il pensiero altrove, ecco perché al di fuori di una logica irregimentata e degna di un partito o, peggio, di un esercito occorre probabilmente riscoprire la logica del dubbio: una logica fondata sulla necessità di scoprire attraverso l’incontro ma soprattutto un presupposto razionale.

Ma l’urgenza di ritrovare i dettagli della ragione, quei dettagli alla base di molti valori dell’Occidente, può trovare una mediazione con gli interessi che lo stesso tutela e che costringe taluni a coprirsi di ridicolo pur di sostenere le sue motivazioni? In parole povere: la necessità di un dibattito nuovo e scevro da ogni condizionamento, appunto, ideologico, può essere libero da quei condizionamenti di parte che in realtà celano solo questioni economiche o geopolitiche?

Rispondere è, naturalmente, complesso; tuttavia, una diversa presa di coscienza nel “basso” è possibile perché forse è dove meno si conta che si può comunque cominciare a condizionare la storia.

Una prima forma di risposta, ad esempio, ad ogni forte tentativo di contraddire ciò che siamo potrebbe probabilmente essere una riscoperta sincera alla politica intesa come partecipazione alla “res publica” e non come attività di partito.

Al di fuori, infatti, dei partiti e delle già citate logiche da “caserma” che imbrigliano il pensiero può esistere una novità? Una novità capace di restituire prestigio alla democrazia e senso alla stessa? Una novità capace di confermare quei valori di partecipazione che una burocrazia sterile e, non a caso, un pensiero ostile alla creatività?

Quando il governo Conte condannò gli italiani agli arresti domiciliari, scrissi due righe a proposito della necessità, assoluta, di resistere e di trovare dunque ispirazione nella cultura e nell’impresa; oggi, dopo quattro anni da quelle opinioni che presentai sotto il titolo di “Resistere!” scrivo un invito a risorgere perché resistere, probabilmente, non è bastato.

A prescindere infine da ciò che è la fede e da ciò che non è, fede, esiste infatti nel mistero della resurrezione un messaggio che trascende le convinzioni, si aggrappa alla tradizione e colloquia direttamente con l’intimo dell’essere umano in quanto tale: una creatura che deve cercare e che non può prescindere dal mutamento, dalla sofferenza, dalla necessità di rispondere (alla sofferenza) e dalla morte.

Un tempo che ha sterilizzato la sofferenza ma, paradossalmente, benedetto la guerra (altrove) può però rispondere alla necessità di superarsi (grazie) al dolore? Di ergersi attraverso il supplizio verso qualcosa di nuovo? Forse no e forse questo non dipende da fattori esogeni o imperscrutabili ma da noi e dalla nostra moderna ansia di esserci e di non patire.

In conclusione, esiste una differenza profonda tra un onesto ateo in cerca e chi ostenta solo un atteggiamento contrario alla tradizione per partito preso e dal momento che la ricerca, quella vera, nulla condivide con un’opposizione a-priori e con la necessità di individuare feticci alternativi alla religione come lo scientismo si può a ben vedere riflettere sulla possibilità di confidare, nonostante tutto, nel dubbio ma soprattutto nella necessità di fare cose nuove e in un metodo effettivamente razionale o, più precisamente, ragionevole.
Certo, niente può garantirci che possa esistere un’alternativa migliore lontano da quello che altri decidono per noi ma possiamo continuare ad acquistare una risposta che ci contraddice come cittadini ed esseri umani? Una risposta che nega il nostro diritto e dovere di maturare e di essere liberi grazie all’errore e alla conseguente consapevolezza?