Vite parallele e facili fraintendimenti…

In questa puntata parleremo di quattro figure spesso confrontate tra loro in modo inappropriato dalla stampa: Vladimir Putin, Volodymyr Zelens’kyj, Adolf Hitler e, naturalmente, Sir Winston Churchill.

La storia, come già ribadito, non risponde a regole precise ma ciononostante neppure risponde a quei presupposti ideologici e perciò talvolta capziosi che la stampa pretende, appunto, di sbandierare.

In altre parole: paragonare Vladimir Putin a Adolf Hitler e Volodymyr Zelens’kyj a Winston Churchill è storicamente corretto?

Non è semplice rispondere e non già perché, si badi bene, la storia non risponde a regole precise (o sempre prevedibili) ma anche perché non è ancora possibile definire un giudizio storico definitivo sulle figure di Vladimir Putin e Volodymyr Zelens’kyj essendo entrambi ancora vivi e al centro del palcoscenico storico.

Da parte mia, vorrei avere la stessa baldanza di chi brandisce opinioni come clave e di fronte, perciò, a chi è già certo di un paragone interessante, io penso di non avere alternative ad una citazione: “Quante certezze, Stefa’: non so se invidiarti o provare una forma di ribrezzo…”

Sebbene tuttavia Jep Gambardella, il protagonista del film “La Grande bellezza” possa aiutarmi anche ora a spiegare quanto sia difficile (o inopportuno) pretendere di non avere dubbi, credo si possa comunque tentare di abbozzare una prima riflessione sul tema oggetto della puntata proprio grazie ad uno studio oggettivo di ciò che fu.

Il presidente dell’Ucraina ha ripetuto spesso che Vladimir Putin è come Adolf Hitler e questo è, sotto diversi punti di vista naturale poiché nell’immaginario dell’Occidente il dittatore tedesco è stato, ed è tutt’ora, l’emblema del nemico per eccellenza, ossia il male assoluto fattosi uomo.

Nonostante il facile confronto occorre però domandarsi se un confronto del genere sia utile a comprendere la gravità del problema; in altre parole: Vladimir Putin è davvero come Adolf Hitler?

Siamo davvero sicuri che non si possa pensare di valutare un accordo con lui?

Pur di fermare Adolf Hitler e scongiurare un nuovo conflitto mondiale, Francia e Regno Unito tentarono negli anni ’30 del Novecento di mediare con la Germania più volte ma ciò che ne conseguì, la cosiddetta politica dell’“appeasement” (cioè, della riappacificazione) si rivelò un disastro. Pur di evitare in effetti una nuova, disastrosa, guerra le cancellerie europee si convinsero che “accontentare” le richieste del Fuhrer fosse quantomeno inevitabile e che, tutto sommato, prima o poi la Germania avrebbe raggiunto un nuovo, definitivo, equilibrio ma come ben sappiamo ciò non accade e quando nel 1939 la Wermacht invase la Polonia, chi aveva difeso la pace ad ogni costo si ritrovò costretto ad intervenire dal momento che la Polonia era stata non a caso identificata come quella che oggi chiameremmo “linea rossa”.

Ora, con il senno di poi, a queste condizioni, potrebbe essere opportuno domandarsi se una volta raggiunto un accordo con Vladimir Putin egli non tenti di procedere oltre e superare a sua volta, non a caso, una “linea rossa”, ma ciò che ispirava Adolf Hitler è ciò che ispira Vladimir Putin? E le condizioni belliche dell’Europa del 1939 solo le stesse dell’Europa di oggi?

Il nazismo fu un movimento politico dichiaratamente violento e antisemita fin dal principio e il suo fondatore, Adolf Hitler, fu un interprete molto abile dei sentimenti di rivalsa del popolo tedesco: un popolo costretto all’umiliazione del disarmo dopo la sconfitta nella Prima guerra mondiale e piegato dalle conseguenze di una nefasta crisi economica.

Vero, lo stesso Vladimir Putin ha conquistato il potere in un contesto sociale ed economico difficile dove le ambizioni di un popolo, il popolo russo, erano stato da poco ridimensionate in seguito alla sconfitta durante la Guerra fredda e alla caduta del muro di Berlino ma ciononostante Vladimir Putin non ha mai incoraggiato il conflitto con la stessa retorica di Adolf Hitler né tantomeno avuto sentimenti antisemiti come il capo del partito nazista.

Certo, se per assurdo domani la guerra in Ucraina terminasse e si raggiungesse un accordo nessuno può garantirci che le tensioni, a est, finiranno per sempre ma se si dovesse come da più parti auspicato guardare all’Ucraina come ad una nazione neutrale non diversa da ciò che è ed è stata l’Austria (la quale non ha mai fatto parte della NATO proprio in virtù del suo ruolo) potremmo davvero pensare che Vladimir Putin sia capace di cercare un’escalation, di fatto, nucleare?

La disponibilità di un importante arsenale atomico sia in seno alla NATO che alla Federazione russa è tutt’ora un valido deterrente per evitare un conflitto che nel 1939 non si sarebbe potuto avere e di conseguenza, ricordarsi di cosa significa ciò quando si discute di aumentare la presenza in un conflitto che nessuno ha ancora esattamente spiegato come vincere credo non sia solo opportuno ma anche fondamentale.

Inoltre, sebbene possa sembrare poca cosa, Vladimir Putin è dichiaratamente antinazista e ciò è quantomeno interessante soprattutto perché ricordare che la Russia è stata a suo tempo parte dell’alleanza contro Hitler ci costringe a riflettere sul fatto che la geopolitica non è un racconto fiabesco dove i buoni affrontano i cattivi ma un insieme di interessi contrapposti e certo, talvolta, di valori più o meno condivisibili.

Se le attuali condizioni impediscono però di guardare con sicurezza a Vladimir Putin come al legittimo erede del Fuhrer, credo esse impediscano ugualmente di guardare a Volodymyr Zelens’kyj come al naturale erede di Sir Winston Churchill.

Sebbene, come anticipato, sia difficile azzardare paragoni storici dal momento che Vladimir Putin e Volodymyr Zelens’kyj siano ancora vivi e sebbene da più parti si sia guardato al Presidente dell’Ucraina come ad un accanito difensore della democrazia, credo sia doveroso tentare di ricordare alcuni presupposti.

Prima delle operazioni militari in Ucraina da parte dell’esercito russo, il governo di Kiev è stato spesso al centro di numerose attenzioni proprio perché ritenuto non capace di combattere con efficienza la corruzione e i traffici illeciti che si sono serviti appunto dell’Ucraina come di un hub fondamentale.

Sì, il presidente Zelens’kyj ha tentato di combattere la corruzione ma quando la Corte costituzionale ha bocciato le sue proposte nel 2020, egli ha proposto di chiudere l’ufficio interessato; inoltre, nel maggio del 2022 il Parlamento ha dichiarato fuori legge una lista di partiti ritenuti filorussi, nello stesso anno è stata dichiarata la legge marziale e dunque sono state sospese le elezioni.

Come se non bastasse, nel mese di febbraio, il governo ha ordinato alle nove più grandi reti televisive dell’Ucraina di unire i loro programmi informativi in un unico programma di notizie controllato dallo stato chiamato “Telemarathon”; quindi, nell’aprile sempre del 2022 il Consiglio di sicurezza nazionale ha ordinato la messa in onda di tre canali televisivi indipendenti associati a Zelensky, nel mese di dicembre, ha firmato una legge che ha dato al National Broadcasting Council l’autorità statutaria per regolamentare tutti i media cartacei, televisivi e digitali e di fatto attirato le attenzione non solo dell’Unione nazionale dei giornalisti ucraina la quale ha definito la legge appena esaminata “la più grande minaccia alla libertà di parola nella storia indipendente dell’Ucraina” ma anche l’attenzione della Federazione europea dei giornalisti che ha altresì dichiarato quanto la decisione in questione sia  incompatibile con l’adesione all’Unione europea.

Indipendentemente, quindi, dal fatto che Winston Churchill, a differenza di Volodymyr Zelens’kyj era un uomo che conosceva bene il significato della guerra avendo egli viaggiato molto e affrontato numerosi conflitti, (tra cui la Prima guerra mondiale), la sua azione politica nei confronti delle forze dell’Asse non ha mai potuto prescindere da quei princìpi fondamentali per una democrazia come il rapporto con le opposizioni e il Parlamento.

Sì, le opposizioni laburiste sostennero la sua politica intransigente e non Adolf Hitler ma non furono mai una mera appendice silenziosa nel suo Esecutivo, tanto è vero che dopo la caduta di Singapore nel 1942, Winston Churchill si ritrovò costretto a confrontarsi apertamente con il Parlamento.

In altre parole, nonostante la democrazia possa considerarsi da sempre un sistema di potere imperfetto, da migliorare e, in taluni casi, contradditorio, esso risponde ad alcune regole precise fondate sulla distribuzione dei poteri e sulla trasparenza che non solo in Ucraina ma anche nell’Unione europea, a volte, vengono trascurate.

Come conseguenza di quanto appena osservato vale la pena in conclusione interrogarsi su un punto non meno importante del ruolo che ha la storia, per noi ed il seguente: possiamo ritenerci a nostra volta degni di impartire lezioni? Noi che ci vantiamo di non fare accordi con i dittatori ma poi con alcuni di essi facciamo comunque degli accordi economici? Noi che, nonostante i più che importanti sviluppi sul piano dei diritti civili, ancora oggi abbiamo l’abitudine di polarizzare il dibattito pubblico e di escludere di fatto chi ha opinioni divergenti con epiteti poco felici?

Le difficoltà intrinseche legate alla comprensione di questioni complesse come, ad esempio, l’unicità storica dei popoli che hanno contribuito a formare l’Ucraina di oggi merita certamente un ulteriore approfondimento, così come le responsabilità di Vladimir Putin, il rapporto effettivo tra russi e popoli slavi, (non russi) e, senza dubbio, anche la semplicità con la quale ci si riferisce a simboli o slogan effettivamente nazisti a Kiev ma nel frattempo, proprio perché la storia e il presente non rispondono a regole ovvie ci basti ricordare che paragoni imprecisi e inadatti a considerare il tutto rischiano a loro volta di compromettere uno sforzo di pace sempre più difficile e che forse mai raggiungeremo, infine, senza una discussione fuor di retorica.