IT-alert: cosa fare se suona il telefono e pensi a Ronald Reagan?
IT-alert è un sistema di allarme pubblico, il quale dirama ai telefoni cellulari presenti in una determinata area geografica messaggi utili in caso di gravi emergenze o catastrofi imminenti o in corso. Sul sito dedicato, (https://www.it-alert.it/), alla voce “Cos’è” si legge infatti: “IT-alert è un nuovo sistema di allarme pubblico per l’informazione diretta alla popolazione, che dirama ai telefoni cellulari presenti in una determinata area geografica messaggi utili in caso di gravi emergenze o catastrofi imminenti o in corso.”.
Limitando quindi la nostra analisi del sistema di IT-alert a ciò che è stato scritto sul sito ufficiale sopramenzionato, sarebbe difficile provare a diffidare delle attenzioni dello Stato; tuttavia, da tempo ormai, quando le Istituzioni devono in qualche maniera “incensare” i dispositivi pensati per la “sicurezza” dei cittadini qualcosa dentro di me mi suggerisce di capire quale odore si cerchi di nascondere con il profumo dell’incenso, (Ronald Reagan, dopotutto, una volta ammise che le parole più terrificanti della lingua inglese e oserei, a questo punto, italiana sono: “io sono del governo e sono qui per aiutarla”).
Certo, fare di tutte le “erbe un fascio” e imbastire in questa sede un ragionamento squisitamente liberale (se non addirittura anarchico) rischierebbe di fare il gioco dello stesso potere che gode già oggi nel dividere la popolazione tra “bravi cittadini” e “no IT-Alert”.
Il tema, in effetti, che credo sia necessario proporre non ha ad oggetto in sé né la possibile utilità del sistema di allarme né, tantomeno, la violazione della privacy del cittadino ma il rapporto stesso tra Istituzioni e cittadini, appunto.
Mi spiego meglio (o perlomeno ci provo): nella giornata di ieri, poche ore dopo aver effettuato un test del sistema di IT-alert in Emilia-Romagna, il traffico ferroviario lungo la linea che collega Bologna ad Ancona è andato in tilt per oltre tre ore a causa di un non ben precisato guasto all’altezza di Mirandola.
Ora, pretendere che tutto proceda sempre alla perfezione è, naturalmente, impossibile ma è curioso che lo stesso giorno in cui lo Stato si premura di ricordarci che è dalla nostra parte con un sistema di allarme a dir poco invasivo, i servizi ferroviari di una regione come l’Emilia-Romagna vadano in tilt ed è curioso, si badi bene, non già perché esista una “correlazione”, (certo), ma perché per un viaggiatore che come me ha attraversato la penisola e spera di poter tornare a casa in tempi brevi un non ben precisato guasto dopo aver saputo di quanto lo Stato tenga alla sicurezza dei propri cittadini appare come una presa in giro.
Una volta domandato quindi con ironia se IT-alert avesse avvisato del ritardo, ho cominciato a pensare a situazioni ben più serie della mia attesa presso la stazione di Bologna e tutto ciò di cui ho scritto fino ad ora ha perciò trovato il senso da cui, non a caso, sono partito: lo Stato ha veramente a cuore la salute dei propri cittadini?
Rispondere alla domanda appena proposta è difficile, (soprattutto perché bisognerebbe prima di tutto definire lo Stato, il suo rapporto con le Istituzioni europee e, infine, accettare che le stesse Istituzioni sono spesso un mistero); tuttavia, una volta definita e compresa l’opacità dentro la quale buona parte della politica e della Pubblica Amministrazione agiscono ci si rende conto immediatamente che il rapporto tra i cittadini e lo Stato, appunto, non è in equilibrio.
A prescindere dal segreto di Stato e da ciò che, forse giustamente merita di rimanere segreto per ragioni strategiche, perché il cittadino non può conoscere, con esattezza, il rapporto tra entrate fiscali e debito pubblico? Perché il cittadino non può avere una diretta contezza dell’utilizzo delle risorse pubbliche? E perché, appunto, il cittadino non può avere voce in capitolo nella stessa valutazione degli apparati amministrativi preposti a gestire quelli che, di fatto, sono soldi di tutti?
In linea di principio, dal momento che il vero problema della gestione delle risorse, in Italia, dipende spesso e volentieri dall’incapacità delle cosiddette “cabine di regia”, domandarsi, in conclusione a cosa serva propagandare il sistema di IT-alert non credo sia fuori luogo, anzi!
Avvisare i cittadini di un potenziale pericolo può aiutare perciò a salvare delle vite se intorno ai cittadini viene preposto un sistema di soccorso e assistenza tale che non solo interviene repentinamente in caso di problemi ma, eventualmente, previene ed evita il problema stesso.
In altre parole: un sistema di allarme pubblico che avvisa i cittadini di un’alluvione quando le Istituzioni non investono nella manutenzione del territorio e dei corsi d’acqua è utile come il porcile senza porta che costruì un personaggio semileggendario nel paese dei miei nonni.
Il vero “problema”, in definitiva, del sistema di IT-alert è, come nel caso del portafoglio elettronico di cui tanto si vantava a suo tempo Vittorio Colao, l’inutilità se nel contesto di riferimento non esiste di per sé un servizio adeguato allo scopo.
Indipendentemente da IT-alert, attraverso i telefoni cellulari in nostro possesso si può avere accesso ad una mole di dati quasi illimitata e, alla luce delle attuali normative, già esiste (teoricamente) un complesso di “scudi” a difesa del cittadino e del consumatore per cui, una volta ribadito il ruolo dello Stato in un contesto di riferimento dove ancora ci si aspetta un sistema di welfare all’altezza a fronte dell’elevata pressione fiscale è naturale auspicare che lo Stato interpreti dunque correttamente il proprio ruolo di garante nella protezione di tutti i dati.
Inoltre, in un’ottica dove lo Stato e i cittadini possono confrontarsi in modo maturo (o quantomeno responsabile), i cittadini non dovrebbero scrollare le spalle con passività di fronte a qualsiasi novità ma interpretare con coscienza ogni proposta e domandarsi quindi se non si corrono rischi specifici capaci di manipolare l’opinione pubblica in un certo modo.
Spesso, il governo degli Stati Uniti d’America e le Istituzioni europee hanno diffuso in cattiva fede informazioni che si sono rivelate, successivamente, sbagliate (si pensi al caso delle armi di distruzione di massa che si riteneva possedesse l’Iraq nel 2003 e al caso dei vaccini Astrazeneca proposti nel giugno del 2021 nonostante l’incertezza sugli effetti avversi nei giovani), per cui, ancora una volta, non credo sia fuori luogo domandarsi altresì il reale grado di garanzia proposta in un quadro di accordo tra Istituzioni e cittadini una volta approntato il sistema di IT-alert.
È facile, lo so, ripensare infine alle parole di Ronald Reagan citate in apertura a questo punto ma riconoscendo quanto sia altrettanto difficile fare lo stesso per molti altri, mi limiterò in questa sede a ribadire la complessità del contesto osservato e a porre un’ultima domanda: si può avere piena fiducia di chi, nella vita di tutti i giorni, ci nasconde costantemente qualcosa e fa un cattivo uso delle nostre proprietà?