Alitalia: il riassunto di una storia infinita
Negli ultimi due mesi si è riaccesa una forte discussione sulla situazione di Alitalia, compagnia di bandiera ammessa da poco alla procedura di amministrazione straordinaria. Ma quali sono state le ragioni che hanno portato la società ad avere nuovamente i bilanci in rosso? Facciamo un piccolo riassunto.
Nel 2008 Alitalia si presenta con una situazione economico-finanziaria disastrosa. Per rimediare a tale situazione il governo italiano di allora guidato da Silvio Berlusconi si attivò quindi per trovare un possibile acquirente che potesse comprare la compagnia come un unico elemento.
Alla fine dell’anno è Compagnia Aerea Italiana SpA (CAI) a presentare al commissario della procedura l’offerta vincolante per l’acquisizione dei beni e degli asset dell’azienda, scorporando la “bad company” dalla “good company”. Nel dicembre 2008 CAI sottoscrive il contratto con quale acquista gli asset di Alitalia (tra cui Linee Aeree Italiane SpA) per la cifra capogiro di circa 1 miliardo di euro. CAI era una cordata promossa dal governo composta da una ventina di illustri imprenditori italiani che avrebbe cercato di ristrutturare e rilanciare il comparto aereo della società, prevedendo anche la riassunzione di circa 12 mila dipendenti della vecchia compagnia. Alcuni di questi imprenditori si ritirarono tuttavia fuori dal progetto subito dopo il salvataggio della società. Il governo uscente di allora chiese quindi un prestito ponte di 300 milioni per ovviare alle necessità di cassa più urgenti, prestito che venne nettamente respinto da Bruxelles perché considerato come un aiuto statale. Il prestito ponte venne alla fine concesso con la condizione che sarebbe stata la “bad company” a restituire il prestito allo Stato, (cosa che invece non è mai accaduta).
CAI partì quindi con una ricapitalizzazione di 300 milioni di euro effettuando circa 7000 esuberi di personale inimicandosi fin da subito i sindacati. Scelte strategiche fatte in quei primi anni hanno affossato il progetto di rilancio fin da subito. Qualche esempio? La riduzione delle tratte intercontinentali, (le più remunerative), a favore di molte tratte di breve e medio raggio, nelle quali la compagnia era diventata leader, (senza considerare il forte sviluppo delle tratte ferroviarie ad alta velocità).
Il 2011 è l’anno in cui Alitalia chiude il “miglior bilancio” della storia CAI, con appena 69 milioni di rosso. L’anno successivo Alitalia perde oltre 600 mila euro al giorno, portando a chiudere l’esercizio 2012 con una perdita di 280 milioni, che nell’anno successivo supera i 500 milioni.
Il 2013 vede Alitalia di nuovo vicina al fallimento. Dopo aver concluso il nuovo aumento di capitale da 300 milioni si dimette il cda e il presidente della compagnia, Roberto Colaninno.
Il governo è così costretto a cercare un altro partner per la compagnia. Dopo alcune ricerche è Etihad ad acquisire il 49% di Alitalia nell’agosto del 2014. Gli emiratini versano circa 565 milioni di euro. Il bilancio di quell’anno però vedrà ancora una volta una perdita, questa volta di 580 milioni di euro. Il piano di tagli alle spese da parte del nuovo azionista riporterà le perdite sotto i 200 milioni nel 2015. Nel 2016 Etihad prova a fare qualche cambio strategico: 2000 esuberi di personale, riduzione delle tratte relative al breve e medio termine, (dove RyanAir domina su tutte le compagnie), e attacco deciso a molti oneri finanziari iscritti nel bilancio. Come possiamo immaginare gli sforzi effettuati non risulteranno comunque sufficienti a far uscire dalla crisi la compagnia italiana.
Si arriva così ai giorni nostri, in cui le trattative tra la compagnia e i sindacati si fanno più difficili per gli esuberi di personale. Nell’aprile 2017 la compagnia firma assieme a sindacati e associazioni professionali un preaccordo sul nuovo piano di ristrutturazione economico dell’azienda, il cui testo verrà sottoposto ai lavoratori tramite referendum. Il preaccordo oggetto del referendum prevede la riduzione degli esuberi da 2037 a 980 tra il personale di terra, con la cassa integrazione straordinaria per gli ultimi due anni e l’integrazione del Fondo di settore, fino ad arrivare all’80% della retribuzione. I soggetti destinati a pagare di più a causa di questo accordo sono i 558 lavoratori a tempo determinato e i 141 esuberi operanti all’estero. Da ricordare inoltre il taglio della retribuzione dell’8% e i riposi annuali che passano da 120 a 108. Il referendum vede una netta vittoria del no: il 67% dei lavoratori Alitalia boccia il preaccordo per la ricapitalizzazione della compagnia, portandola così verso l’ipotesi di amministrazione straordinaria. Questa è una procedura concorsuale che si utilizza per le grandi imprese in crisi ed è volta a conservare il patrimonio produttivo dell’azienda. L’ipotesi diventa presto realtà, infatti subito dopo il referendum il cda della compagnia richiede ufficialmente l’ammissione alla procedura, che prevede la nomina di tre commissari e la richiesta di un prestito ponte a Bruxelles di circa 600 milioni di euro per garantire la continuità aziendale almeno per i prossimi sei mesi. Alla loro nomina ufficiale i tre commissari nominati auspicano di sviluppare un nuovo piano aziendale entro l’estate. “Lo scopriremo solo vivendo…”