Disuguaglianza sviluppo e formazione

Il tema della disuguaglianza dei redditi è un tema scottante e sempre vivo.

Cosa è giusto e cosa è sbagliato? Quali sono i parametri che ci consentono effettivamente di giudicare in modo oggettivo le disuguaglianze sociali?

Mettiamo una cosa in chiaro: siamo tutti uguali solo davanti la legge. Il mito secondo cui siamo tutti uguali a prescindere è appunto un mito, fondato sull’ illusione. Questo mito è quindi oggettivamente alieno da ogni lucida osservazione della natura umana.

Il dibattito si sa, molto spesso, non si basa sui numeri (e ignora le disuguaglianze meritocratiche, frutto del lavoro faticoso e lungimirante di generazioni che meritano rispetto in una società che si vanta di riconoscere un valore sociale alla famiglia). E la fortuna? La fortuna spesso e volentieri aiuta gli audaci. Anche questo si sa ma si finge di non saperlo…

Disuguaglianza in definitiva non significa necessariamente ingiustizia.

Premesso in generale che solo con lo sviluppo economico si possono ottenere condizioni migliori per tutti, sarebbe molto più saggio probabilmente concentrare la propria attenzione sulla disuguaglianza delle opportunità piuttosto che su quella dei risultati. Parliamo quindi piuttosto di mobilità intergenerazionale! Se si riescono a mettere da parte soluzioni approssimative, possiamo ragionare su come combattere le disuguaglianze di opportunità e favorire la mobilità intergenerazionale (ri)partendo da un’economia di mercato libera e concorrenziale, che consenta quindi a chi ha un’idea imprenditoriale di poter aver successo anche in assenza di un capitale importante di partenza, (e qui giocano un ruolo fondamentale le banche, che avendo smesso di fatto di fare il proprio lavoro rischiano gradualmente di cedere la propria funzione alle piattaforme di crowdfunding, piattaforme veloci e soprattutto efficaci).

Vogliamo parlare della scuola? Dobbiamo proprio farlo? Va bene.

Secondo l’ultimo rapporto annuale dell’Istat «Associando i titoli dei figli a quelli dei genitori, tuttavia, si osserva che oltre il 40% dei figli la cui famiglia d’origine ha un livello d’istruzione basso non va oltre il titolo di licenza media, e poco più del 10% riesce a ottenere un titolo universitario. All’opposto, tra i figli dei laureati, l’incidenza dei titoli di licenza media è meno del 4% e oltre il 60% ha acquisito un titolo universitario. La capacità attuale del sistema di istruzione di promuovere l’eguaglianza delle opportunità appare, quindi, a tutt’oggi sostanzialmente limitata all’obbligo scolastico e, anche in quest’ambito, gli abbandoni sono fortemente correlati col titolo di studio conseguito dai genitori».

Ora, possiamo anche scaricare la colpa sulle famiglie ma sarebbe sbagliato non considerare le gravi lacune del sistema scolastico italiano. Non tutti gli alunni hanno infatti la possibilità di accedere a scuole pubbliche o private di alta qualità e i risultati dei test basati su parametri internazionali dimostrano ampie disparità tra le regioni.

Aggiungiamo che i programmi delle scuole pubbliche e private sono ormai inadeguati a preparare i giovani ad essere competitivi sul mondo del lavoro: anni e anni di solo studio, spesso di materie che si riveleranno inutili senza un autentico confronto con l’esperienza pratica.

Tolta la formazione di base, imprescindibile e innegabile, quando inizieremo un dibattito serio sulla necessità di sostenere i singoli nella loro personale crescita?

La cieca convinzione che tutti debbano seguire lo stesso percorso scolastico distrugge la creatività, non contribuisce a sviluppare la personalità ma anzi, al contrario, genera macchine.

Da qui eserciti di studenti bravi sulla carta ma incapaci di sviluppare un pensiero critico, incapaci di seguire le proprie autentiche passioni perché costretti a studiare spesso e volentieri materie che non interessano.

Ma la politica italiana sembra insensibile a queste problematiche e anche quando ha qualche buona intuizione che permetterebbe di varare riforme e introdurre, perché no, forme di concorrenza tra scuole, finisce per farsi depotenziare dai sindacati.

Occorre ampliare l’offerta formativa e la possibilità concreta anche per i meno abbienti di poter scegliere scuole di qualità (anche private se necessario, grazie al contributo se possibile di aziende disposte ad investire nelle risorse umane).

La possibilità reale (non teorica) di scegliere e di poter accedere a un insegnamento di qualità, prescindendo dal reddito, merita tutti i dovuti approfondimenti.

In Italia spesso ad esempio accade che scuole ed università private, piuttosto che ragionare sul lungo termine investendo in borse di studio per i meritevoli, preferiscano investire in marketing per consolidare una visione di brand a breve termine.

Occorre quindi, come nelle aziende di successo una visione duratura che punti sul merito e consenta di aiutare le persone a crescere.

Ci sono numerosi esempi di successo a livello internazionale sui quali sarebbe opportuno ragionare. Da questi esempi bisognerebbe prendere ispirazione in maniera critica e non dogmatica. Il mondo è cambiato e continua a cambiare: occorrono risposte adeguate e al passo con i tempi.

Credete ancora che molti esami universitari provino veramente l’effettiva formazione dello studente? Lo credete ancora?

Spesso purtroppo la fretta e l’inadeguatezza dei docenti spinge a concludere troppo precipitosamente dei corsi che meriterebbero molta più attenzione. Il risultato? Da studente spesso garantisco che un buon voto all’esame diventa l’unico vero obiettivo (a scapito di una corretta preparazione che ripeto, in alcune materie, in determinati settori, si raggiunge non in un semestre).

Scuola, università, sindacati sono istituzioni strutturalmente obsolete. Occorre reinventare completamente tutto questo partendo da dati di fatto reali che se continuiamo a negare condanneremo il paese a decenni di isolamento e inadeguatezza.

Ognuno abbia le stesse possibilità di partenza, sarà il coraggio e l’abilità del singolo a consentirgli allora di fare la differenza.

Non tocchiamo le disuguaglianze, sono parte del nostro essere.