Italiani sempre più insoddisfatti: cosa ci è sfuggito?

I consumatori sono insoddisfatti della loro situazione e dei prodotti di cui fanno uso abituale. Le imprese devono assumersi una vera responsabilità sociale per tornare ad essere ancora credibili.

Il capitalismo non muore mai. Si evolve. Nella storia è sempre stato questo l’elemento fondamentale che ne ha determinato la longevità.

Gli italiani sono sempre più insoddisfatti. E non solo a causa dal graduale peggioramento del rapporto con la classe dirigente. Le aziende hanno solo un modo per riconquistarli: ripensare il loro ruolo. Da molti fronti si invoca un nuovo approccio culturale nel quale la persona, cioè il consumatore abbia una parte attiva.

Se il mondo cambia le imprese devono tornare a giocare un ruolo da protagonista: devono cioè a tornare a fare la storia e non a subirla. Urge quindi un cambio delle strategie dell’offerta e delle strategie di vendita. La gente oggi ha idee più chiare che in passato, sa che cosa vuole e sa giudicare, è capace di decidere se punire o premiare.

La sempre più forte attenzione sulla relazione con gli altri riempie di contenuto concetti come l’etica e la sostenibilità.

In questo nuovo percorso la condivisione assume un ruolo chiave e i consumi si giustificano e si basano su concetti come territorio, memoria, tradizione, autenticità, sicurezza, emozioni, esperienze, benessere e relax.  Si cerca allora un progetto di vita basato sul benessere armonico, su una vita sana di corpo e di mente in un contesto di consolidata tranquillità sociale, relazionale ed economica. Nella ricerca di questo benessere armonico il cittadino e il consumatore diventa quindi cittadino e consumatore critico.

Che cosa devono fare allora le imprese per intercettare e riconquistare i consumatori frustrati? Allearsi con loro. Viene già giudicato positivamente l’aiuto delle grandi marche, dalla distribuzione, dal mondo di internet, ma in generale le imprese sono sentite lontane.

La critica non riguarda quindi il prodotto finale presentato sul mercato, ma altre variabili come ad esempio l’effettiva assunzione di responsabilità sociale nell’esercizio di impresa.

Occorre quindi creare un contesto lavorativo differente, molto più orizzontale ed alleato, senza logiche gerarchiche e di contrapposizione. Bisogna puntare sul rinnovamento, sulla ricerca e sulla cultura: investimenti costanti sul territorio generano soddisfazione, quindi benessere, valore e in definitiva nuovo utile.

L’azienda deve fare il proprio mestiere: deve fare quindi utile certo. Ma i soldi non sono né buoni né cattivi. Ciò che conta è la destinazione finale dell’investimento, il suo nuovo impiego.

La produzione onesta, l’equilibrio di fattori come qualità-prezzo, chiudono il ciclo di un progetto ambizioso ma non per questo impossibile.

L’educazione è un elemento imprescindibile. Anche, e soprattutto dove vengono prese le decisioni.

Quando dai vertici di un’azienda ha inizio un percorso di consolidamento del rapporto lavoratori-organizzazione, e si punta quindi a costruire un’ambiente dinamico e vivo dove grazie ad azioni concrete si mette il dipendente al centro del sistema facendo in modo che si senta parte integrante della struttura, si migliora inevitabilmente non solo l’ambiente lavorativo ma anche e soprattutto l’ambiente circostante dove l’azienda opera.

Non solo welfare aziendale, ma anche pensiero critico e propositivo: l’azienda del futuro avrà sempre più potere e influenza nella vita sociale e quindi sempre più responsabilità.