La terra dei Bonus…

Cinquanta miliardi di bonus: questo è il costo dei tre anni di governo Renzi, e per evidenti ragioni, di sei mesi di governo Gentiloni.

Ora, nello specifico, il costo preciso, (scriviamo così), ha previsto: i famosi 80 euro, lo sconto sulle assunzioni, il bonus Stradivari, quello per insegnanti e neo maggiorenni, gli 80 euro per i militari e infine il bonus bebè.

In altre parole, in tre anni e mezzo ben 15 milioni di italiani hanno beneficiato dei bonus governativi.

Ma quali sono stati gli effetti per l’economia?

Il Pil ora sfiora l’1% (quasi la metà della media europea), però i consumi continuano a non brillare e il tasso di occupazione è rimasto inchiodato al 57%.

Ora, non esiste controprova di come sarebbe stato altrimenti, (dopotutto, si sa, la storia non si scrive con i “se”) però di sicuro, il volume delle somme spese in bonus colpisce.

Come giustamente già osservato, parliamo in effetti di cifre pari a dodici volte la tassa sulla prima casa, due volte circa la manovra dello scorso anno, due volte e mezzo la clausola di salvaguardia di IVA e accise e soprattutto di un criterio distributivo “strano” e riassumibile come segue: tutto a tutti, quasi senza considerare limiti o altri parametri.

Insomma, si può dire che agli italiani i bonus non dispiacciono? Sì, sono soldi fino a prova contraria.

Ma consideriamo qualche dato: i 500 euro dati a 762 mila docenti di ruolo (1,1 miliardi in due anni), hanno portato ad un risultato oggettivamente importante e tra libri, tablet, teatro, mostre, corsi di aggiornamento qualcosa si è mosso; quindi, il bonus in sé non è uno strumento negativo.

Tuttavia, la complessità del fenomeno ci costringe a valutare diversi aspetti dell’intero e infatti la questione del bonus merito (su cui pende una sentenza del TAR del Lazio) non è andata così bene.

Nello specifico, a dicembre solo un insegnante su tre ne aveva di fatti usufruito e solo per l’80 % in via prudenziale; di conseguenza, ciò che ora solo il TAR potrà chiarire ci impone di chiederci: si confermerà il bonus solo a chi è di ruolo oppure si sosterranno i sindacati estendendolo anche a precari e supplenti?

Non va meglio su altri fronti e da quando è stato erogato lo SPID (il bonus per i diciottenni) solo 373 mila ragazzi su 580 mila ne hanno usufruito e di questi solo 336 mila si sono iscritti a 18 app.

Certo, i bonus cultura di quest’anno, (sia per insegnanti che studenti), devono ancora essere attivati, a fronte di risorse già stanziate ma il Jobs act, il cui obiettivo è quello di flessibilizzare il mercato del lavoro è già realtà e già suggerisce più di una valutazione sul contesto che pretende di disciplinare.

Buoni risultati arrivano però dal bonus bebè e dal bonus dei famosi 80 euro: delle cifre previste per tre anni a sostegno del bonus bebè, l’INPS ha finora accettato 409.519 domande (il 25% in più di quanto inizialmente previsto) e dei famosi 80 euro, hanno invece beneficiato direttamente già 11,7 milioni di lavoratori.

Ora, al netto di quanto già osservato sulla carente mancanza di criteri in alcuni casi dei bonus (e quindi del rischio di apparire eccessivamente assistenzialisti in alcuni casi), al netto del fatto che gli 80 euro sono stati inseriti in busta paga come credito (Irpef) e che flessibilizzare il mercato del lavoro può non essere controproducente per i lavoratori solo se il mercato del lavoro è già effettivamente dinamico di suo, non ci resta che osservare quanto in linea del massimo molti dei bonus ricordati non siano stati oggettivamente benefici per il sistema paese in passato.

Al netto del bonus bebè e dei bonus per gli insegnanti i cui risultati sembrano trovare riscontri interessanti, non possiamo restare indifferenti di fronte l’enorme flusso di denaro fuoriuscito infatti dalle casse dello Stato: flusso di denaro che bisogna considerare in relazione ad altri dati come l’aumento del PIL non già di punti percentuali, l’aumento della pressione fiscale e infine l’aumento del debito.

Insomma, il quadro bonus è un quadro complesso è senza dubbio non del tutto roseo dove si evince chiaramente ancora che la mancanza di stabilità dirigenziale in primo luogo nuoce ai progetti sul lungo termine e che dovrebbero inevitabilmente essere seguiti per consolidarsi pienamente.