L’ambiziosa mossa della Gran Bretagna per superare Brexit ha un nome: Empire 2.0

La Gran Bretagna post Brexit è un paese determinato ad avviare un percorso di graduale rafforzamento con i paesi del Commonwealth.
I progetti sul tavolo sono infatti numerosi e secondo alcune fonti molto vicine a Downing Street, il progetto più ambizioso porterebbe il nome di Empire 2.0: un progetto pensato con l’obbiettivo di ricostruire una nuova rete di collaborazione fra i paesi appunto del Commonwealth.
Nello specifico, proprio durante la riunione tra i principali paesi ex membri dell’Impero britannico, Liam Fox, (ministro del commercio estero e plenipotenziario) ha dichiarato che la Gran Bretagna post Brexit si impegnerà nel migliorare le relazioni con le sue ex colonie e fonti vicine al governo hanno già sostenuto che Downing Street ha già cominciato a lavorare ad accordi con le nazioni dell’Africa appartenenti al Commonwealth per la creazione di rapporti commerciali di libero scambio.
Le trattative si dovrebbero concludere nel 2018, anno in cui Londra ospiterà il vertice annuale dei capi di governo dei paesi del Commonwealth e secondo il Times, la Gran Bretagna spera in quell’occasione di porre le prime basi per un accordo con tutti i membri.
Secondo gli esperti del Times, è difficile però che il Regno Unito possa raggiungere un accordo di libero commercio con tutti i paesi del Commonwealth ma a giudicare dalla situazione, una volta superata l’Unione europea sarà quasi inevitabile tentare un approccio come quello fin qui descritto.
Sì, i dati relativi all’export britannico pesano e con l’indebolimento del settore manifatturiero inglese a partire dagli anni ’80 e il graduale rafforzamento del terziario, la bilancia commerciale inglese si è gradualmente ridimensionata negli anni presentando un saldo sempre più negativo.
Il ruolo di potenza finanziaria che peso può avere quindi nel corso delle trattative? Non solo con gli ormai allora ex partner dell’Unione ma soprattutto con i paesi del Commonwealth?
In altre parole: la Gran Bretagna saprà essere un laboratorio politico ed economico capace di dialogare con un mondo sempre più multipolare o dovrà accettare un ridimensionamento in apparenza inevitabile? Diventerà un porto di transito di capitali sempre più dinamico? E questi capitali riusciranno a contribuire al sostentamento di un percorso di investimento in ricerca e sviluppo costante?