L’ambiziosa mossa della Gran Bretagna per superare Brexit ha un nome: Empire 2.0

La Gran Bretagna post Brexit è un paese determinato ad avviare un percorso di graduale rafforzamento con i paesi del Commonwealth.

Londra inizierà infatti a rafforzare e a consolidare nuovamente i legami economici già esistenti e a tesserne di nuovi. I progetti sul tavolo sono numerosi. Il progetto secondo alcune fonti molto vicine a Downing Street, porterebbe il nome di Empire 2.0: l’obbiettivo è quello di ricostruire una nuova rete di collaborazione fra i paesi del Commonwealth, organizzazione sovranazionale composta dal Regno Unito e dalle sue ex colonie.

Addio Unione Europea insomma.

Nella riunione del Commonwealth, tenuta nella prima settimana di Marzo, Liam Fox, ministro del commercio estero e plenipotenziario ha dichiarato che la Gran Bretagna post Brexit si impegnerà nel migliorare le relazioni con le sue ex colonie. Fonti vicine al governo sostengono che Downing Street stia già lavorando ad accordi con le nazioni dell’Africa appartenenti al Commonwealth per la creazione di rapporti commerciali di libero scambio. Le trattative si dovrebbero concludere nel 2018, anno in cui Londra ospiterà il vertice annuale dei capi di governo dei paesi del Commonwealth. Secondo il Times, la Gran Bretagna spera in quell’occasione di porre le prime basi per un accordo con tutti i membri. Secondo le stesse fonti del Times, il governo britannico vuole ratificare accordi simili con altri membri del Commonwealth iniziando dal Canada, dall’Australia e dalla Nuova Zelanda (paesi dove la regina è ancora capo di Stato).

Il progetto Empire 2.0 sembra sia stato ideato da Nigel Farage, ex-leader dell’UKIP (United Kingdom Independence Party). Durante la campagna referendaria per la Brexit, l’allora leader del partito populista anti-UE, dichiarava che il Regno Unito non aveva bisogno dell’Unione europea considerato che Londra fa già parte di un ente sovranazionale come il Commonwealth appunto, organo che raccoglie più di 2 miliardi di persone, (quasi un terzo della popolazione del pianeta).

Secondo gli esperti del Times, è difficile che il Regno Unito possa raggiungere un accordo di libero commercio con tutti i paesi del Commonwealth. Tim Farron, leader del partito LiberalDemocratico ha detto che il commercio con i paesi del Commonwealth è fondamentale, ma che Downing Street si illude se crede di poter sostituire in breve tempo i rapporti commerciali creati in precedenza con i paesi dell’Unione europea. Farron ha inoltre aggiunto che “Se si farà l’hard brexit, una recessione completa dei trattati come l’uscita dal mercato comune e dall’Unione Doganale, per Londra non sarà possibile avere una politica commerciale efficace”.

Pesano i dati sull’export britannico: con l’indebolimento del settore manifatturiero inglese  a aprtire dagli anni ’80 e il graduale rafforzamento del terziario, la bilancia commerciale inglese si è gradualmente ridimensionata negli anni presentando un saldo sempre più negativo.

Il ruolo di potenza finanziaria che peso può avere nel corso delle trattative? Non solo con gli ormai allora ex partner dell’Unione ma soprattutto con i paesi del Commonwealth?

La Gran Bretagna diventerà un porto di transito di capitali sempre più dinamico? E questi capitali quanto contribuiranno all’inesorabile (benefico per l’economia) continuo percorso di investimento in ricerca e sviluppo?