Perché abbiamo bisogno di più imprese
Nonostante il ministro dello Sviluppo economico, in Italia c’è ancora qualcuno che crede che sia il mercato a fare la differenza.
Nonostante la confusione di chi preferisce cercare sempre una scusa (e un colpevole) per non affrontare la realtà, in Italia c’è ancora qualcuno che investe e lavora con impegno e serietà per creare ricchezza e innovazione.
Delle difficoltà che si nascondono dietro la gestione di un’impresa ne abbiamo parlato tanto… Spesso, purtroppo, si giudica ancora il successo professionale come il risultato di un inganno senza tuttavia provare a immaginare che invece, quasi tutte le volte, la ricchezza è invece la conseguenza di un’azione audace.
Mi sono imbattuto recentemente in un articolo di due anni fa de “Il Sole 24 ore” nel quale si denunciava apertamente la crisi delle start up in Italia; due anni fa i numeri erano chiari: oltre 5800 startup, 41 incubatori certificati ma pochi investimenti e poche exit.
La situazione non è cambiata molto, nonostante i timidi tentativi di ripresa della nostra economia.
La cosa mi ha colpito tantissimo.
Da più fronti, da troppi anni dunque, si evidenzia il gap tra “professionisti” del settore e startup, cioè aziende con reali prospettive di crescita; in breve: ci sono più incubatori ed acceleratori che startup potenzialmente in grado di avere peso sul mercato.
Troppa teoria forse? Non possiamo escluderlo.
Riassumendo: non è che si speculi troppo sulle parole e sul mito “startup” ignorandone il potenziale reale?
La startup è un progetto innovativo che presenta prospettive di crescita forti e veloci, gli incubatori e gli acceleratori sono invece elementi di congiunzione tra il capitale e le idee ma è sempre davvero così?
Non lasciamo che i miti influenzino troppo le scelte di chi crede nel valore delle imprese, bisogna essere pragmatici e rendersi conto che la scarsa esperienza in molti casi e l’incapacità di incubatori ed acceleratori di seguire concretamente un progetto rischiano di velocizzare una fuga (già in corso) di capitali e know how fuori dal paese.
E poi, chiedo scusa, proprio perché non dobbiamo lasciarci influenzare troppo dai miti, chi ha detto che la startup debba fare necessariamente una exit?
L’exit è sinonimo di successo ma siamo pragmatici: perché in alcuni casi una startup non può diventare un’azienda autonoma?
Quolit, ad esempio, una startup che credo di conoscere bene, sta esattamente costruendo un percorso verso questa direzione.
Ogni crisi è un’opportunità e questo paese ha bisogno più che mai di imprese nuove che rivoluzionino il mercato.
Cari amici del Movimento 5 stelle, rassegnatevi dunque perché se la storia ci ha insegnato qualcosa sappiamo fin troppo bene che non esiste progresso senza lo spirito di iniziativa di pochi privati illuminati.
Vorrei evitare di continuare a ribadire idee note, vorrei solo rivolgermi a chi legge i nostri articoli e da tempo sta valutando l’idea di mettersi in proprio: fatelo, nonostante tutto, l’Italia oggi non ha bisogno di predicatori ma di uomini e donne disposti e disposte a combattere tenacemente per i loro sogni.