La banalità dell’arroganza inutile
Non esiste conoscenza senza osservazione e non esiste consapevolezza senza esperienza.
Eppure, nonostante tutto, nonostante i nonostante, non basta mai…
L’onniscenza, per chi ci crede, appartiene a Dio, ciò che resta sono spesso solo variabili imprevedibili e indefinibili.
Le cose complesse si possono semplificare rispettandone i contenuti e i fondamentali?
Certo! Dopotutto l’ignoranza è un male comune e dobbiamo riconoscerlo, ciascuno di noi dovrebbe.
L’alternativa si chiama banalità e si manifesta quando l’arroganza viene spinta dall’odio e appunto, dall’ignoranza più pura, quella inutile.
Tocco con mano spesso la superficialità di chi avanza parole senza nessuna cognizione preventiva e lo faccio per cercare di capire fino a che punto può spingersi la stesura di quello che qualcuno prima di me ha genialmente definito il “copione della vita”.
Mi domando e vi domando, come sempre, cosa possiamo aspettarci da chi giustifica tranquillamente l’incompetenza?
Cosa possiamo aspettarci da chi piuttosto che assumersi delle responsabilità preferisce sempre scegliere le regole peggiori e le peggiori guide?
Cosa possiamo aspettarci da chi desidera un cambiamento ma poi si allontana dallo stesso non appena comprende quanto sia difficile cambiare veramente?
Non è semplice fare un’analisi che ci consente di definire chiaramente le ragioni storiche di molte inefficienze, tuttavia possiamo comunque (ri)cominciare dai fondamentali, da ciò che quindi si rivela essere oggi un’urgenza.
Sono stanco di ripetere quanto sia inadeguata una classe dirigente appiattita sul presente e incapace di fare dei reali sacrifici per proporre e quindi costruire una robusta alternativa orientata verso il futuro.
La democrazia ha senso solo ed esclusivamente quando è supportata da un adeguato senso di responsabilità e interesse; la libertà personale allo stesso modo, ha senso solo quando si accettano dei doveri prima di tutto.
Prendete il caso di Genova, ad esempio: come si possono individuare serenamente le responsabilità?
Se da un lato l’esecutivo minaccia di nazionalizzare perché non si possono attendere i tempi della giustizia, dall’altro lato, emergono tutti gli oggettivi problemi generati da un monopolio di fatto male organizzato… in mezzo? Il caos dell’odio e dell’arroganza.
(Breve parentesi: perché l’esecutivo non si confronta con le oggettive difficoltà della giustizia italiana? Prendendo atto che mediamente un processo in Italia dura troppo riconosce forse di non avere potere e quindi di essere inutile? Perché non interviene con intelligenza per modificare tutti i monopoli reali che la storia insegna chiaramente si dimostrano essere sempre nocivi per tutti i consumatori?)
Alla fine, dopo la banalità agghiacciante dell’arroganza e il rumore che essa genera strisciando, resta la cosa più triste: la decisione per tutti gli uomini e le donne di azione e di talento di voltare le spalle, forse giustamente al caos, per evitare che il caos, appunto, trascini i loro talenti nel baratro.