Memorie di Adriano, oggi, tra Medioriente e indifferenza

Nelle stesse ore in cui l’opinione pubblica prende una posizione nei riguardi del conflitto tra Israele e Iran come se si trattasse di una partita di calcio, un passaggio del capolavoro di Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano, mi conferma ancora una volta quanto siano importanti la letteratura e la storia per tentare di capire il presente.

Nel noto libro dedicato all’imperatore che successe a Traiano e nel quale l’autrice belga presentò il ritratto di un uomo che, come noi, ci ricorda che “non siamo i soli a guardare in faccia un avvenire inesorabile” vi è un passaggio nel quale Marguerite Yourcenar immagina che Adriano ricordi alcune sue decisioni in tema di costruzioni sacre e che rifletta a proposito di esse nel seguente modo: “Anche là dove rinnovavo, mi piaceva sentirmi anzitutto un continuatore. Al di là di Traiano e di Nerva, divenutimi ufficialmente padre e avo, mi riattaccavo persino a quei dodici Cesari tanto denigrati da Svetonio: la lucidità di Tiberio, ma non la sua durezza; l’erudizione di Claudio, non la sua debolezza; l’amore delle arti di Nerone, esente però da ogni sciocca vanità; la bontà di Tito, ma non così dolciastra; la parsimonia di Vespasiano, senza la sua lesina ridicola, costituivano altrettanti esempi che mi proponevo. Quei principi avevano rappresentato la loro parte nelle cose umane; ormai, spettava a me scegliere tra i loro atti quelli che era bene continuare, consolidare i migliori, correggere i peggiori, sino al giorno in cui altri uomini, più o meno qualificati di me, ma egualmente responsabili, si sarebbero incaricati di fare altrettanto con i miei atti.”.

Non è semplice comprendere il significato più profondo delle parole appena ricordate ma, prescindendo già ora dalle specifiche decisioni di costruire un tempio piuttosto che di restaurarne un altro, non possiamo di certo ignorare l’obiettivo di descrivere un imperatore che si dichiara perfettamente consapevole del suo ruolo nella storia.

Se, di fatto, il motivo principale intorno al quale sono edificate le riflessioni di Adriano è la storia, non possiamo quindi esimerci dall’osservare che ciò che Marguerite Yourcenar descrive di conseguenza non è semplicemente un uomo o un imperatore ma un uomo che fu imperatore, il quale sembra avere piena coscienza del suo presente e del contesto non solo geografico ma anche storico del quale è responsabile.

Se dunque è vero che il capolavoro di Marguerite Yourcenar è prima di ogni cosa un libro dei giorni nostri e dei giorni, forse, a venire, è senz’altro vero che la profonda riflessione storica fin qui descritta è una riflessione storica che non merita di rimanere appannaggio di una mera conversazione di natura letteraria.

Oggi, centoundici anni dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale e ottantasei anni dopo lo scoppio della Seconda, l’impressione generale, in effetti, è che per troppo tempo si sia trascurato lo studio dell’Uomo nella sua dinamicità.

Dopo anni e anni di riflessioni morbide a proposito della “memoria” cosa resta verosimilmente oggi di ciò che fu?

La sensazione più evidente è che malgrado l’impegno e la capacità dell’essere umano di costruire armi sempre più “intelligenti” egli non sia molto diverso da ciò che è sempre stato e che, anzi, sebbene possa vantare una tecnologia migliore, questa sia ormai addirittura “troppo” impegnativa per le sue stesse capacità di gestione.

Salvo alcuni, rari, casi, l’essere umano rimane di fatto lo stesso aggressore che nel film 2001: Odissea nello spazio sfrutta un osso per uccidere e checché ne dicano i (non) pensanti, i razzi, le riunioni su Zoom e le sigle sfruttate per descrivere qualsiasi cosa non ci hanno reso creature migliori.

Come avremmo potuto, però, perfezionare la nostra esistenza ed elevare di conseguenza la stessa grazie alla storia e al bello se noi siamo ciò che siamo? Forse, non avremmo potuto e forse non potremo mai ma come già osservato in altre sedi se non prenderemo coscienza di questa sfida oggi che ormai la tecnica sembra aver ampiamente superato la stessa “utilità” dell’essere umano non sarà un terrorista a decretare la nostra fine ma un potere pervasivo, invisibile e che pretende di ridurci a meri “prosumer”.

In altre parole, se è vero che non siamo capaci di osservare con lucidità un presente molto più simile a quello che fu vissuto nel 1914 piuttosto che a quello del 1939 dove le contrapposizioni ideologiche ebbero un peso ben più determinante, siamo veramente sicuri di essere migliori di chi precipitò il mondo in quello che più volte abbiamo ricordato essere senza consapevolezza un’“inutile strage”?

Noi che quindi pretendiamo di essere i rappresentanti di un’Occidente spesso indefinito non siamo senza ombra di dubbio dei fondamentalisti islamici ma possiamo ritenerci fino a prova contraria degli irreprensibili esempi di libertà di espressione?

Noi che abbiamo perso memoria di ciò che fummo, delle virtù e delle contraddizioni che Adriano osserva sul volto di chi lo ha preceduto, noi che celiamo l’interesse dietro un principio a cui non crediamo, noi che ci contraddiciamo e che abbiamo sostenuto l’Ucraina senza capire e solo per convenienza finché è stato possibile, possiamo ritenerci un esempio morale per gli altri?

Noi che pretendiamo di essere “inclusivi” ma escludiamo con il silenzio l’espressione effettivamente divergente, possiamo ritenerci tutto sommato “migliori” (di noi stessi in primis)?

Noi che ci limitiamo a convincerci che sia colpa di un presidente piuttosto che di un altro, noi che non sappiamo più distinguere il vero dal fittizio e identificare di conseguenza la sede di un potere che ha ormai privato di senso ogni istituzione democratica, possiamo davvero pretendere un futuro o dobbiamo osservare proprio come fece Adriano intorno a noi i segni inesorabili di un declino inevitabile?

Noi che in definitiva ci siamo rassegnati ad accettare l’assurdo, a scrollare le spalle di fronte alle iniquità che non ci riguardano possiamo davvero considerarci nella condizione di ignorare parole come quelle che appunto ebbe a scrivere Marguerite Yourcenar?  Possiamo veramente permetterci di ignorare il fatto che “Come l’iniziato mitriaco, forse anche l’umanità ha bisogno del bagno di sangue e passare periodicamente nella fossa funebre…”?