La teoria del parcheggio libero: chi si accontenta non gode
Nella mia breve vita ho avuto occasione di confrontarmi diverse volte con quello che credo sia il più grande paradosso della mie generazione: l’incapacità di cambiare, per mancanza fondamentalmente di volontà, una situazione insoddisfacente.
La ragione o quanto meno l’istinto di conservazione dovrebbero spingere ciascuno di noi a mettere fine ad una situazione che reca dolore, insoddisfazione e noia; spesso e volentieri però qualcosa di più profondo ed ecco, irrazionale, come la paura, suggerisce di aspettare, di esitare e quindi di preservare lo status quo…
Ripetere che i risultati di un (non) cambiamento sono tendenzialmente sempre disastrosi così come disastrosi sono tutte quelle azioni che rifiutano un un rinnovamento quando è necessario è tautologico ma necessario e non già si badi bene, perché ci costringe a interrogarci su quando sia necessario il cambiamento ma perché ci costringe a tenere in considerazione un fatto che malgrado tutto non possiamo ignorare: il movimento inarrestabile della vita si esplica in maniera furiosa nel dinamismo.
Nonostante la globalizzazione consenta alla mia generazione possibilità fino a pochi decenni fa impensabili, la chiusura totale nei confronti del movimento, in effetti, dilaga così come dilaga la chiusura totale nei confronti del diverso, di un pensiero e di un’azione realmente in controtendenza con l’abitudine.
Frank Underwood, il celebre protagonista della serie “House of Cards” costruisce gran parte della sua fortuna su queste parole: “If you don’t like how the table is set, turn it over” (“Se non ti piace come è apparecchiata la tavola, rovesciala”).
Ora, malgrado Frank Underwood non sia un personaggio da prendere come esempio, suggerisce tuttavia con le sue parole una riflessione circa quelle dinamiche del mondo del lavoro e delle relazioni che non ha senso trascinare verso situazioni negative per timore esclusivo della rottura di determinati equilibri poiché la (non) rottura di quegli equilibri, nel momento di massima sopportazione è infatti doppiamente negativa e causa stress, insoddisfazione crescente, conflitti reali e incomprensioni.
Ma prima di Frank Underwood è la Professoressa Catherine Drew Gilpin Faust, eminente storica a livello globale nonché prima donna a ricoprire la carica di Rettore dell’Università di Harvard a ricordarci le opportunità che sorgono dalle rotture necessarie.
Nella sua veste di rettore ha spesso tenuto il discorso che precede la proclamazione dei laureati di Harvard e ricordando ai suoi studenti quella che lei definisce “the parking space theory of life“, ossia la teoria del parcheggio libero appunto, ha di fatti ricordato sovente qualcosa che potremmo a nostra volta riassumere come segue: “Non parcheggiare ad un chilometro di distanza dalla tua destinazione, solo perché temi di non riuscire a trovare un posto libero. Vai esattamente dove vorresti andare. Se non troverai parcheggio, potrai sempre tornare indietro. In altre parole, non ti accontentare troppo presto nella tua vita”.
Se dunque non è un errore confondere la lentezza con la pazienza e la gentilezza la debolezza, possiamo in conclusione perlomeno provare ad ascoltare le sveglie suonare con coerenza? Possiamo perlomeno impegnarci, anche solo pochi secondi ad ascoltare l’inizio di canzoni come “Time” dei Pink Floyd senza disimpegno?