Cosa deve insegnare la Scuola se la Tecnologia scrive la Storia ogni ora?

Sono ogni giorno sempre più convinto dell’inadeguatezza delle strutture scolastiche (e universitarie) italiane e sono quindi sempre più convinto della loro ormai intrinseca incapacità di innovare e di avere una visione internazionale e quindi competitiva.

Ma può esistere un’alternativa capace di contraddire tutti quegli insuccessi che minacciano la ricerca? Può esistere un’alternativa concreta a quei potentati e a quei baronati che hanno infettato ormai nel profondo la vita universitaria?

La direzione globale di realtà sempre più stanche e sempre meno dinamiche non accenna purtroppo a cambiare in nessuna direzione e rispondere ad interrogativi già noti è di conseguenza ogni giorno più problematico.

Ma perché? Cosa impedisce in effetti al sistema scolastico e universitario di rispondere con rapidità  alla trasformazione digitale che sta cambiando il mondo (e il mondo del lavoro) con cicli di 3-5 anni?

I dati a nostra disposizione sono tutto tranne che rosei e i numeri del Rapporto annuale  dell’ISTAT parlano infatti chiaro: l’Italia è il Paese più vecchio d’Europa, detiene il record per la maggior presenza di NEET (giovani scoraggiati che non studiano e che non cercano lavoro) e malgrado tutto continua a crescere da  un punto di vista economico meno di quanto cresceva prima della crisi del 2008.

Sebbene qualcuno lo dimentichi, tra le varie responsabilità di una situazione così stagnante c’è però anche il problema della formazione, la quale che non riesce più a stare al passo coi tempi che cambiano e a rispondere di conseguenza alle esigenze di un mercato del lavoro in costante cambiamento.

Secondo in effetti uno studio del World Economic Forum  che vale senza ombra di dubbio la pena ricordare, il 65% dei bambini che oggi sono alla scuola elementare “da grande” farà un lavoro che oggi non esiste nemmeno e questo, oltre ad essere decisamente inquietante, dimostra che questi tempi di cambiamenti presentano una sfida che possiamo vincere solo innovando concretamente e con coscienza, in ragione di princìpi competitivi, complessi e alieni dalle logiche delle apparenze e delle raccomandazioni.

La capacità di adattamento può darci una risposta, certo, perché un cambiamento repentino delle esigenze delle aziende può essere soddisfatto solo grazie ad un’educazione improntata al sacrificio e alla capacità di adattamento ma la stessa capacità di adattamento non può essere senza dubbio incondizionata.

Dunque, si insegni quanto appena ribadito e si insegni alle future generazioni  come mettersi in gioco reinventandosi e difendendo allo stesso momento ciò che sono ma si insegni altresì che la tecnologia è però un mezzo, non il fine e, nello specifico, un mezzo per creare costantemente.

In un contesto in cui il cambiamento è all’ordine del giorno la cosa più importante infine su cui lavorare è la persona ed è per questo motivo che vale la pena ricordare l’importanza di concentrarsi su quei progetti dedicati non solo allo sviluppo nelle persone di attitudini nuove sin dall’infanzia ma anche alla tutela della loro intrinseca e imprescindibile umanità.