Dictator optima lege creatus

Il “Dictator” era una figura caratteristica dell’assetto della Repubblica nell’antica Roma. Egli era un magistrato straordinario eletto dal Senato in caso di pericolo e la durata del suo incarico non poteva superare i sei mesi.

Alla dittatura si faceva ricorso solo in casi particolari come ad esempio quando bisognava affrontare un nemico o sedare una rivolta.

Quando la necessità di nominare un “dictator” si rendeva evidente, il Senato emetteva un decreto, il “senatus consultum”, che autorizzava i consoli a nominarne uno, il quale si insediava immediatamente.

Lucio Cornelio Silla (138 a.C.- 78 a.C.) rimase in carica come “dictator” per tre anni prima di abdicare volontariamente e ritirarsi a vita privata (79 a.C.). Caio Giulio Cesare (100 a.C.- 44 a.C.) fu l’ultimo a detenere questa carica fino alla sua morte.

Alla luce di quanto appena ricordato, credo non vi sia niente di sbagliato o fazioso nell’immaginare Mario Draghi come un “dictator” del ventunesimo secolo.

Come un “dictator” romano, è stato, infatti, prima di tutto indicato come “campione” e poi, di conseguenza, incaricato di affrontare e risolvere una crisi che nessuno sapeva come affrontare.

E’ naturale che, pur essendoci delle differenze storiche e sociali oggettive, la scelta di paragonare Mario Draghi a quella di un “dictator” romano, abbiamo visto, non è casuale.

La vera domanda a questo punto, a poche ore dalla lettura dei nomi dei ministri del futuro governo italiano è: la politica saprà approfittare di questa parentesi per maturare nuove idee e risorgere?

A prescindere da tutto, è innegabile il fatto che le forze che hanno cercato il consenso degli elettori abbiano perso fiducia e forza creatrice; chiedersi quindi se sapranno irrobustire nuovamente le proprie azioni (e i propri pensieri) è legittimo.

Le prime critiche che si sono potute percepire, non a caso, hanno riguardato le scelte politiche del professor Draghi, del “dictator”. Ma si poteva fare diversamente?

L’ultimo governo tecnico della nostra storia, quello guidato dal “dictator” Mario Monti, era tutto tecnico. Dopo un inizio col botto (e con un’ampia fiducia) cominciò a scricchiolare molto presto. L’operazione Draghi, al contrario, è un governo tecnico-politico: un’evoluzione, una necessaria ricerca del buon compromesso in un contesto pur sempre democratico.

Considerando la schizofrenia delle Camere e la particolare congiuntura storica, forse, la scelta è stata saggia.

Ai posteri l’ardua sentenza…