Il Cigno nero

Coronavirus: il “Cigno nero” dell’economia.

Con il termine “Cigno nero” viene definito quell’evento imprevedibile in grado di colpire (e quindi destabilizzare) un’intera società su scala globale.

Il Coronavirus (lungi da me ogni approfondimento su questa piattaforma di carattere sanitario) sta mettendo in crisi i mercati finanziari ( e non solo). Ha quindi senso guardare al Coronavirus come al Cigno nero dell’economia mondiale?

In tempi di crisi e confusione la ragione, (tanto cara al sottoscritto), dovrebbe ancora una volta soccorrerci e supportarci nell’analisi della realtà; purtroppo però, come affermava il filosofo Bertrand Russell, “Il problema del nostro mondo è che gli stupidi sono strasicuri, mentre le persone intelligenti sono piene di dubbi”.

Ammettiamo quindi, senza troppa retorica, che la crisi in corso nelle ultime due settimane ha dimostrato i limiti di un paese e di una civiltà.

In Italia, la cultura del “vaffa” ci ha trascinato nell’abisso e il Coronavirus ha appunto solo gettato luce sulle macerie di un paese caotico e maleducato, dove ogni cosa si pretende ma niente si deve.

Ma se “Atene piange, Sparta non ride”: l’Italia sarà pure un paese infetto dall’ignoranza e dall’egoismo ma cosa dire di un Occidente sempre più sordo nei confronti dei grandi cambiamenti nel mondo?

Ho letto con tristezza chi ha puntato il dito contro la globalizzazione dimenticando tuttavia che anche quando la globalizzazione aveva un volto diverso (meno hi tech) le epidemie si diffondevano… ho letto con tristezza chi ha affermato che questa crisi segnerà la fine dell’Occidente, del Cristianesimo e bla bla dimenticando ancora una volta che la storia si ripete solo tutte quelle volte in cui non abbiamo il coraggio (e la voglia) di fare autocritica.

Da un lato, una classe dirigente impreparata e inadeguata che governa a colpi di luoghi comuni e “salvo intese”, dall’altro un popolo anarchico e anarcoide completamente incapace di rispettare le regole, un popolo egoista e razzista, incapace di valutare le informazioni e se il proprio comportamento possa o meno danneggiare il prossimo…

Cosa fare in assenza di verità? Cosa fare in assenza di una classe dirigente franca? Cosa fare in assenza di una nuova cultura della cooperazione sociale? Chi vive in Italia oggi ha vissuto un’epoca straordinaria: pace, benessere e opportunità senza precedenti e pure il disfattismo cronico prolifica… E’ impossibile negare che per la maggioranza degli italiani si sia rotto un patto sociale che tiene unita la comunità.

Ma cosa manca? La fede? La cultura? O una guida? Non possiamo fare affidamento su un uomo come Churchill ma le “lacrime e sangue” potrebbero arrivare presto…

E’ evidente che in Italia si sia interrotta la comunicazione tra generazioni, tra “baby boomers” e “millennials”, tra un passato che ha avuto tutto e non ha saputo gestire le sfide del nuovo tempo perché ormai (ammettiamolo) stanco e un avvenire scalpitante, spesso poco disciplinato ma che non ha avuto ancora sufficiente spazio di manovra.

Quanto ancora dovranno aspettare le nuove generazioni di leader, mi domando, prima di spazzare via dalla scena una classe dirigente ormai inadeguata?

Ammetto di temere prima di ogni cosa un contagio delle vecchie idee anche tra i giovani (soprattutto tra i miei coetanei) e di dover assistere allo sviluppo di una nuova classe dirigente di “giovani vecchi”: noiosi burocratici convinti che nulla debba cambiare semplicemente perché le cose “si sono sempre fatte così”…

Sarebbe triste che l’Italia perdesse ancora opportunità in materia di start up, informatica, tecnologia, I.A.,  investimenti nel settore delle energie rinnovabili, viabilità elettrica e crowdfunding…

È pressoché impossibile fare previsioni sull’impatto che avrà la diffusione del Coronavirus sull’economia: le variabili in gioco sono talmente tante che tentare di fare previsioni economiche è inutile e probabilmente anche dannoso…

La crisi scatenata dal Coronavirus si inserisce, dunque, in un quadro già molto debole e in parte compromesso.

Il problema è la flessibilità? Il problema è l’Unione europea? No, il problema non è la flessibilità nella valutazione dei conti.

La flessibilità, (prontamente evocata dai rappresentanti del governo e delle opposizioni), sarà accordata dalla Commissione perché i meccanismi europei già prevedono che qualora il disavanzo eccessivo e/o il mancato rispetto della regola del debito siano dovuti a fattori rilevanti, (sia di natura esogena che di natura endogena), non sia prevista alcuna sanzione o procedura.

Il problema, ancora una volta, siamo noi perchè noi per primi non abbiamo saputo risanare i nostri conti, non abbiamo saputo fare investimenti e abbiamo elargito prebende e misure assistenziali senza copertura e ragione.

La debolezza strutturale dell’economia italiana e la sua cronica incapacità di reagire prontamente davanti elementi che ne minano la sostenibilità nel medio termine potrebbero far più danni della stessa emergenza sanitaria tutt’ora in corso.

Quando la crisi e la paura saranno alle spalle, quale direzione vorremmo seguire? Continueremo a navigare a vista o decideremo quale profilo dare al nostro paese? Ormai orfano di prospettive, idee ma soprattutto contenuti.