Digital divide, recessione, calo dei consumi: e se fosse tutta colpa del divario generazionale?

Non esistono generazioni migliori di altre, esiste la storia e se qualcuno non è abbastanza intelligente per osservare i fenomeni storici in prospettiva dovrebbe leggere di più (sempre che ne sia capace, naturalmente…)
Darwin! Ecco la chiave:l’evoluzione non è casuale, l’evoluzione è una risposta.
La specie che risponde positivamente ad un’esigenza evolve, quindi sopravvive.
La teoria dell’evoluzione non è valida solo in ambito biologico ma anche (e soprattutto) in ambito imprenditoriale: l’azienda che non innova è destinata all’estinzione (e anche questo lo insegna la storia…)
Se qualcosa nel mercato non funziona probabilmente qualcun altro prima della mia generazione non ha fatto le scelte giuste e non ha innovato quando doveva.
L’analfabetismo digitale non è una novità e non è frutto del caso ma di decenni di mancati investimenti.
Se abbiamo perso un treno carico di opportunità non è colpa di chi ha fondato startup dopo il 2012 ma di chi prima non sapeva neppure come si accendesse un pc.
Se il mercato e le esigenze dello stesso cambiano un impresa deve cambiare e deve cambiare il suo approccio nei confronti non solo dei clienti ma di tutti coloro che sono portatori di determinati interessi.
Ogni epoca ha le sue caratteristiche, le sue opportunità e le sue sfide, quando queste ultime sembrano insormontabili significa probabilmente che non si ha più niente da offrire e proporre; significa, in definitiva, che si è fatto il proprio tempo…
“Absit iniuria verbis”: è la storia, “bellezza”.
Debiti, cattivi investimenti, pensiero protezionista nei confronti della globalizzazione, paura, autorefenzialità, sono conseguenze di decisioni che non ha preso la mia generazione ma una generazione che attualmente è spesso solo in grado di schiumare rabbia, rancore e cattiveria (ovviamente con le dovute eccezioni perché generalizzare, appunto, è una trappola).
Aggiungo: ormai le imprese non si fanno neppure più esclusivamente per fare soldi, (questa è un’altra trappola in cui è cascato qualcun altro alcuni decenni fa…)
Oggi l’innovazione trova senso nella sua stessa natura. È una questione superiore.
Può bastare per (ri)partire?
Forse si è esagerato, forse non sono questi i problemi…Il mondo può aspettare…
La storia, la filosofia, l’arte a cosa servono dopotutto?
Forse siccome è Natale è più importante pensare al presepe nelle scuole…

E’ vero: la globalizzazione ha indebolito il ceto medio (non solo in Italia) ma tutto questo è accaduto non solo perché (perlomeno in Italia) non si è risposto a determinate sfide ma anche perché il consumatore non ha saputo comprendere l’importanza del valore dei prodotti di qualità: in nome del risparmio abbiamo tutti troppo spesso agevolato un determinato modo di produrre piuttosto che un altro.

Quanto appena descritto però, lo ribadisco, non è un processo iniziato nel 2012 ma molto prima del 1994: chi avrebbe dovuto valorizzare l’agricoltura, la terra, l’artigianato, l’industria di qualità, il welfare aziendale, ha preferito risparmiare piuttosto che investire in educazione.

P.s. Steva Jobs, un imprenditore che ha cambiato il mondo, diceva che il pc “è una bicicletta per la mente”…

Pensateci su…