Lettera aperta

Se vogliamo, sotto alcuni punti di vista, questo articolo è una confessione: la rivelazione di un’ossessione.

Chi inizia un viaggio non sa bene esattamente cosa troverà lungo il cammino, tuttavia può avere una meta e per quanto lontana questa possa essere deve essere chiara.

Richard Branson, il fondatore del Gruppo Virgin ha affermato. “Non impari a camminare seguendo le regole. Lo impari provando e cadendo”; prescindendo da tutto, prescindendo dall’importanza che ha la riflessione per ciascuno di noi, ogni grande viaggio inizia quando si decide di andare controcorrente, di dire “basta” con alcune regole.

In un paese privo di prospettive avere un obiettivo non è facile, ma necessario se vuoi fare la differenza.

Molti banalizzano ancora troppo velocemente l’importanza delle imprese nel tessuto socio-economico del paese, molti addirittura continuano a semplificare sostenendo che la borghesia orienta i propri interessi in base ai venti…da qui l’orrendo parallelismo tra la borghesia che sostenne il Fascismo e il sostegno che molti imprenditori oggi dimostrano per la Lega di Matteo Salvini.

Mettiamo una cosa in chiaro se non è noto: noi siamo decisamente non schierati.

Lo siamo da sempre perché fortemente convinti che l’Italia abbia bisogno di una rivoluzione liberale autentica, lontana dai proclami sovranisti e da quello che il governo attuale vorrebbe rappresentare.

Paragonare quindi la borghesia italiana degli anni venti a quella attuale non ha senso, l’Italia ha bisogno di parole nuove e di esempi nuovi.

Avete presente Adriano Olivetti? L’Italia che fa innovazione ha bisogno di Adriano Olivetti: di mecenatismo illuminato, di consapevolezza del proprio ruolo propulsivo nella creazione di valore (non solo economico) ma anche culturale.

Avete presente le famiglie di banchieri che fecero grande l’Italia nel Rinascimento? L’Italia ha bisogno di visione, di una rinnovata forza creatrice che sappia orientare la propria ambizione verso la bellezza.

Quando ho scelto di fare impresa avevo chiare queste idee e soprattutto il peso che aveva la mia ambizione.

Ho letto recentemente che l’accumulo di denaro, il potere, la proliferazione d’azienda non sono e non devono essere manifestazioni pragmatiche della quantità tangibile (la “roba”) ma un mondo immaginario nel quale chi fa affari, persona indaimoniata (cioè ispirata dal suo daimon), diventa artista, crea e crede di potersi placare pur sapendo che mai in realtà si placherà.

Una corsa continua verso qualcosa di definito ma non completamente insomma…

Tutto ciò che rappresenta la costruzione di qualcosa (immobili, azioni, oro, opere d’arte, automobili, vestiti e accessori) non è niente: la materia è infatti solo uno strumento al servizio di una causa più complessa…

Non c’entra niente il materialismo: qui in gioco ci sono valori più profondi, in gioco, per certi aspetti, c’è la metafisica.

Ciò che non c’è ma si immagina sono spazi vuoti su una tela, sono la metafisica del desiderio.

Chi vive per tutto questo non conosce quiete. Non la conoscerà mai. Così, ogni traguardo, non sarà altro che il gradino che precede il successo che verrà dopo…

La mia generazione ha bisogno di benzina. Potrà bastare questa?