Niente nuovo che avanza…
Sapete perché ho invalidato il mio voto alle ultime elezioni politiche? Perché piuttosto che votare qualcuno controvoglia preferisco dimostrare la mia insoddisfazione scrivendo poesie sulla scheda elettorale (perché si, io sulla scheda elettorale ho scritto un verso di Gabriele D’Annunzio).
Scherzando con alcuni miei amici ho violato il silenzio elettorale riproponendo spesso il 4 marzo una simpatica immagine satirica dedicata al diavolo, l’unico che avrebbe capito cosa sarebbe successo:
“Vota Satana! Perché votare il male minore se puoi votare il male assoluto?”
Potrei anche essere un po’ diabolico, va bene, ma chiaramente il mio ero uno scherzo (perché si, io amo scherzare).
Perché votare per forza se quello che dobbiamo votare è una (non) risposta ai problemi del nostro paese? Perché votare per forza se nessuno mi rappresenta realmente?
Un’incarico lampo a Maria Elisabetta Alberti Casellati e poi? Io non ho capito cos’è successo… Voi?
Il presidente Sergio Mattarella ha cercato in ogni modo di sperimentare strade inedite purché se ne presentasse ovviamente la possibilità.
Il risultato, tuttavia, dimostra indiscutibilmente quanto la nuova Legislatura sia già invecchiata precocemente.
Quelli che si sono proclamati vincitori del 4 marzo, M5S e Lega Nord, sono sprofondati nella palude dei veti incrociati: non hanno i numeri per fare la maggioranza, né la capacità per spiegare chiaramente agli italiani le ragioni per cui siamo finiti in un vicolo cieco (apparentemente).
I perdenti, Forza Italia e Pd, possono esercitare il loro ruolo e fare quindi interdizione contro soluzioni che li escludano oppure fare semplicemente opposizione.
L’incarico alla Casellati è la conferma dunque dell’impasse, della paura.
Il 2 marzo scrissi: ” A chi mi chiede ancora il significato della frase “voteremo ma non voteremo il presente” rispondo che parole come partecipazione, fiducia e pazienza perdono valore se non accompagnate da proposte.
È di lavoro, sviluppo, innovazione e impresa che vive un paese e di proposte concrete, realizzabili e rivoluzionarie io non ne ho lette.
Resteremo ancorati al passato e alle sue parole, come quella persona insoddisfatta della sua vita ma che non ha abbastanza ambizione per cambiare strada…
Come quella persona sopravviveremo, non vivremo, perdendo gradualmente le migliori opportunità della storia…
A chi non spreca, mi limito come sempre ad augurare semplicemente un buon lavoro (la migliore Italia, alla fine, è nostra…)”
Nel bene o nel male siamo sopravvissuti e sopravviveremo ma non si sopravvive, si vive e si forgia la propria esistenza su un senso, un obiettivo.
Chi ha immaginazione resiste fino ad un certo punto ma poi deve cambiare direzione e l’Italia ha bisogno più che mai di uomini e donne veramente legati all’innovazione e ad una visione rivoluzionaria, anche se forte, ma orientata sul lungo termine e non sull’appiattimento.
Ho smesso di scherzare da alcune righe a questa parte, mi sembra evidente. Mi accingo a concludere questa breve, ma non ultima, presa di posizione contro tutto il vecchio che pretende di essere nuovo ricordando che solo chi appunto ha le idee chiare su dove andare può permettersi di affrontare con il sorriso anche una tempesta.
Un’idea da folli? Probabilmente. Ma possiamo essere sicuri che l’ironia sia una cattiva idea se non sappiamo gestirla?
E se tornassimo tutti a prenderci meno sul serio? Se tornassimo tutti, solo per un attimo, a riflettere su quanto sia più semplice affrontare il futuro come un bambino affronta un nuovo gioco?
Mi piacerebbe un giorno vivere in un paese che guarda al mondo come un bambino, non con un’ingenuità, ma con fiducia e curiosità (Buddha docet).
Solo in quel momento impareremo ad apprezzare ciò che abbiamo e non ignoreremo più con sufficienza e vuota ironia i segnali che ci indicano quanto poco abbiamo valorizzato il nostro patrimonio rispetto al suo effettivo potenziale.