Il fascino riservato dell’ignavia- Federico (Parte quarta)

L’uomo apparve in un fascio di luce. Portava tra le mani un raccoglitore di pelle nera e somigliava in modo impressionante ad Hank Schrader, il cognato di Walter White.

“Zio!” Salutò all’improvviso Fulvia alzandosi dal tavolo.

Hank Schrader alzò lo sguardo verso la nipote e aprì le braccia:

“Sono così contento di vederti!” Annunciò stringendo la ragazza al petto.

I due osservarono immediatamente all’unisono Francesco, rimasto al tavolo ad aspettare:

“E questo giovane?”

“E’ il ragazzo di cui ti ho parlato…ho pensato ti avrebbe fatto piacere conoscerlo…”

Francesco incrociò lo sguardo penetrante e duro dello zio di Fulvia e una sensazione controversa, a metà tra la curiosità e l’imbarazzo lo avviluppò:

“Federico!” Esordì tendendogli la mano.

“Francesco!”

Una stretta di mano ferma e vigorosa spezzò le resistenze di Francesco:

“Piacere di conoscerla!”

“Dammi del tu…”

Si sedettero con tranquillità e Federico si riempì immediatamente il bicchiere di vino: di Hank Schrader poteva avere tante cose, senza dubbio…il fisico robusto, la testa calva e il viso spigoloso…eppure, a guardarlo meglio, Francesco notò subito qualcosa di insolito: una cicatrice sulla guancia sinistra che nonostante potesse fargli sognare che fosse anch’egli un agente dell’antidroga gli suggerì istintivamente che quell’uomo apparentemente innocuo nascondesse un segreto terribile.

“Avete già ordinato?” Domandò.

“A dire il vero aspettavamo te, zio…” Rispose Fulvia aprendo le mani verso di lui.

“Siete stati molto gentili…dunque: cosa fai di bello nella vita Francesco?”

Il ragazzo si sistemò sulla sedia e si schiarì la voce:

“Studio economia…”

“Straordinario! Quanti esami ti mancano?”

“Sono appena al secondo anno…”

Federico scrutò Fulvia con curiosità:

“Fulvia ti avrà detto che ho numerose attività…”

“A dire il vero…no.” Ammise Francesco con sorpresa.

“A questo punto avrai forse intuito perché ci tenevo a farti conoscere mio zio…”

Federico scoppiò a ridere con simpatia:

“Mia nipote è veramente una ragazza pericolosa…”

Fulvia gli diede un buffetto sul braccio e il signore continuò a ridere con disinvoltura:

“Mai dire mai nella vita…” Concluse alzando il bicchiere di vino.

Tutto a un tratto, Francesco Rossi vide negli occhi di Federico il riflesso di un futuro in cui sposava Fulvia e quel misterioso imprenditore lo assumeva per dirigere una prospera attività a Londra o a New York…

“E Libera?”

Una voce lo stuzzicò, superò il vociare della sala in cui era scivolato e tornò a chiedergli numi:

“Cosa dirai a quella povera ragazza che ti ama?”

Con il passare delle ore (e delle portate), la sala si svuotò.

Tra un bicchiere e un altro, Francesco scoprì che Federico aveva attività di ogni genere e ovunque: dall’Europa, alla Russia, dalla Cina all’America Latina…insomma: Federico era un uomo che aveva letteralmente avuto “A’ cazzimma”.

“Francesco, tutto bene?” Domandò Fulvia all’improvviso con spontanea dolcezza.

Francesco squadrò la ragazza, poi lo zio rimasto in silenzio, infine un tavolo vuoto ormai ingombro di avanzi dove sembrava essersi accesa come per magia la candela:

“Il tuo ragazzo deve aver esagerato con il vino…” Dichiarò ironico Federico porgendogli una mano.

“Non è il mio ragazzo!”

“Sto…sto bene…” Tentò di sussurrare con decisione, “Ma…quella candela si è accesa da sola…avete visto?”

“Di cosa parli?” Gli chiese candidamente Fulvia.

“La candela…” Ripeté confuso, “Si è accesa da sola…”

Federico guardò Fulvia:

“E’ naturale, Francesco…”

Il ragazzo scosse il capo e si coprì gli occhi:

“E’ naturale, Francesco…”

La voce di Federico rimbombò nella sua mente come l’eco di un gong:

“Sei mio.”

Aprì gli occhi per guardare il volto del signore che aveva di fronte:

“Cosa ha detto?”

Federico lo guardò serio:

“Te lo avevo detto che mia nipote è una ragazza pericolosa…”

Con lo sguardo appannato guardò dietro le spalle del misterioso individuo e la luce della candela si fece intensa, vorace…

“C-cosa vuol dire?”

Guardò Fulvia osservarlo con tranquillità:

“C-cosa vuol dire, Fulvia?”

“Francesco…” Gli replicò a sua volta, “Ora dormi.”

Fulvia alzò un dito verso la candela al centro del tavolo e una fiamma parve inghiottire le sue dita lunghe e belle:

“Sei stanco…”

Federico si alzò in modo repentino e gli venne incontro per sorreggerlo poco prima che cadesse per terra:

“Sei stanco…” Gli ripeté l’imprenditore prendendolo in braccio e portandolo fuori dalla sala.

Francesco, vigile ma non del tutto cosciente, si lasciò andare alla stretta delle braccia che lo reggevano:

“Fulvia…” Sospirò allungando la mano verso la ragazza rimasta in disparte.

“Libera…”

Salirono i gradini che portavano all’ingresso dell’osteria dove nonostante l’orario nessuno sembrava aver atteso qualcuno.

“Libera…” Ripeté debolmente, “Perdonami…”

Federico lo fece sedere su un’antica sedia di vimini e lo fissò:

“Va tutto bene, ragazzo, va tutto bene…”

“E mi perdoni anche lei…signor Schrader…”

Federico lo fissò ancora pochi, interminabili, istanti, poi si voltò di spalle e scomparve nella tetra foschia del sonno.

(…)