Pensati libero di non essere invisibile

Quando un personaggio pubblico di cui non ricorderò il nome si presentò sul palco dell’Ariston esibendo sulla parte posteriore del vestito la scritta “Pensati libera”, mi sono domandato cosa significasse.

Da quali vincoli, in effetti, un uomo e, nello specifico, una donna dovrebbero sentirsi, esattamente, liberi, oggi?

In linea di principio, i cittadini di uno Stato come il nostro sono liberi di fare molte cose. Ma è davvero così?

Siamo sicuramente liberi di affermare che la scienza sia una straordinaria risorsa e siamo sicuramente liberi, allo stesso modo, di criticare chi ancora continua a sostenere che nel genere umano esistono due sessi; rebus sic stantibus, siamo liberi di continuare a ripetere frasi come “il corpo è mio e decido io” quando si discute di aborto ma a negare gli stessi fondamentali quando si discute di vaccini.

In altre parole: siamo sicuramente liberi di contraddirci e di sostenere con sicurezza qualcosa che piace a qualcun altro.

Chi tra noi avrebbe, non a caso, il coraggio di andare al bar e dichiarare con sicurezza ai propri amici: “Da quando ho fatto il vaccino ho avuto un problema…” e domandarsi, di conseguenza, se, effettivamente, sussista una qualche correlazione?

La verità è che la realtà è decisamente molto più complessa di quanto si possa pensare.

Partendo quindi dal presupposto, scientificamente dimostrato, per cui un farmaco può avere reazioni avverse in un particolare soggetto, non si può escludere, a prescindere, la possibilità che il vaccino anti Covid-19 abbia avuto degli effetti collaterali.

In ogni caso, a prescindere da quegli effetti presunti e che ancora devono essere confermati, in alcune situazioni è già stata ampiamente dimostrata una correlazione tra la somministrazione del vaccino e un dato evento avverso per cui, anche se solo una persona su dieci avesse subìto un danno in seguito ad un trattamento sanitario non meriterebbe comunque lo scherno delle Istituzioni, Istituzioni che dovrebbero al contrario agire con coscienza e non secondo ideologia.

Da due anni a questa parte, infatti, non solo la politica ha abdicato al suo ruolo e dimostrato di essere incapace di risolvere i problemi dei cittadini ma ha addirittura incoraggiato quel ricorrente strumento per cui il potere, in caso di difficoltà, divide e crea nemici.

Giudicare quindi con superficialità ogni tentativo di interrogarsi su quelli che sono stati degli effetti collaterali in seguito alla somministrazione dei vaccini anti Covid-19 non è solo contrario ai valori della democrazia ma contrario a quegli stessi valori fondati sulla logica che si è a lungo preteso di tutelare.

Dal momento che non è mai esistita una vera e propria battaglia tra vaccinati e non vaccinati, è necessario quindi, ora più che mai, domandarsi: se qualcuno ritiene di aver subìto un danno è giusto che sia ascoltato o deve essere dimenticato in nome di un bene superiore?

Come liberale e come cittadino di una Repubblica che si riconosce nei valori di una Costituzione, credo che, come già affermato, se si dovesse scoprire che anche solo un cittadino sia stato vittima di un effetto avverso in seguito ad un trattamento sanitario egli non debba essere dimenticato.

Se è vero che la nostra è una società inclusiva che “non dimentica nessuno” perché dovremmo temere una denuncia e un eventuale dialogo?

Mi avvio a concludere ricordando, inoltre, che continuare ad abusare del termine “complottista” per screditare chiunque abbia un’opinione difforme da quella che sembra essere una verità assoluta è sbagliato e contrario ai valori di una Repubblica che si celebra ogni 25 aprile.

Il complotto, infatti, è qualcosa di segreto che si esaurisce in tempi brevi con un successo o con un fallimento.

Di conseguenza, definire “complottista” chi in seguito ad un trattamento sanitario ha subìto un danno e pretende, naturalmente, verità, non solo è sciocco ma offensivo.

Cosa c’è, non a caso, di “complottista” in una persona che pretende esclusivamente una risposta? Nulla.

Mutatis mutandis, cosa c’è di “non complottista” in chi dimentica effettivamente valori come quelli del dialogo e dell’ascolto in virtù di una verità che non è assoluta come quella per cui “chiunque denunci un effetto avverso è un troglodita”?

Chi, attualmente, nega ogni confronto e continua perciò a sostenere con sicurezza che degli ultimi anni non ci sia nulla da criticare non è molto diverso da un membro della Santa Inquisizione. Di conseguenza, affinché sia possibile, prima o poi, sentirsi nuovamente liberi di non essere invisibili e  riscoprire quei valori democratici per cui è possibile confrontarsi senza il timore di essere offesi è necessario mettere in discussione quelle figure che continuano a vivere e ad agire secondo i dettami di un vero e proprio “Ancien Régime”: un contesto a senso unico, dove, di fatto, qualsiasi opinione avversa alla “Verità” è un’opinione scomoda, un’opinione che condanna, inevitabilmente il cittadino a non essere più cittadino, ma suddito.