Quando fede e scienza si confondono
Da alcuni mesi mi interrogo sulla bontà della frase “dobbiamo avere fiducia nella scienza”.
Siccome già vi vedo arricciare gli occhi, mi affretto a chiarire immediatamente una cosa: non considero la scienza una piaga dell’umanità; ciononostante, non posso negare di aver individuato nella frase “dobbiamo avere fiducia nella scienza” una pericolosa contraddizione tra le parole “fiducia” e “scienza”, appunto.
Nello specifico, non posso negare di aver più volte osservato un utilizzo del termine “fiducia” quasi in termini mistici come se non esiste differenza alcuna tra “fiducia” e “fede”.
“Semantica”, dirà qualcuno. Sì, ma il modo più efficace per capire l’essere non è forse capire innanzitutto il significato delle parole che usiamo per definirlo?
Dunque, la parola “fiducia” (fidùcia) è un sostantivo femminile che deriva dal latino fiducia, vocabolo che a sua volta deriva dal verbo fidĕre il quale significa “fidare, confidare”.
In italiano, la parola “fiducia” indica in breve, un atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze e relazioni; si distingue ampiamente dalla parola “fede” perché assume un connotato laico ma ciononostante condivide con la stessa un’origine comune che sarebbe non poco pericoloso dimenticare…
Per semplificare vi invito ad immaginare il vocabolo fiducia come una sorgente da cui sgorga un fiume, il fiume fiducia, che a valle, all’improvviso, si biforca in due distinti corsi: un corso che conserva il nome della sorgente, fiducia, e il corso della fede.
Perché, dunque, abusare di una parola ambigua come fiducia quando si discute di qualcosa che ha costruito le proprie fondamenta nel terreno dell’empirismo?
Il metodo scientifico è qualcosa di ben diverso dall’atto ispirato dalla fiducia. Il metodo scientifico e quindi la scienza non producono certezze definitive, producono posizioni provvisorie in attesa di nuovi chiarimenti.
Ecco tutto.
Vi sembra qualcosa che si debba approcciare in modo fideistico?
Non penso.
Esiste dunque un inquinamento semantico (e concettuale) evidente perché, ad oggi, nonostante si sappia che la scienza non possa produrre certezze definitive, si chiede comunque alla gente una fiducia incondizionata che così, a queste condizioni, assume chiaramente i connotati della fede.
Se la medicina non è esatta, se le autorità sanitarie per prime non hanno mai saputo chiaramente cosa stessero facendo quando hanno iniziato a promuovere la campagna di vaccinazione anti Covid-19, su quali presupposti si può basare quella “fiducia” così spesso invocata?
(Sfido chiunque ad affermare che le autorità sanitarie sapessero quali conseguenze potesse avere Astrazeneca sui più giovani nei giorni a cavallo tra il mese di maggio e giugno 2021…)
In ogni caso, affidarsi alla scienza può essere saggio se determinati fenomeni si manifestano e si ripetono ma, ricordiamo che la medicina non è una vera scienza. Sicuramente, è più esatta della sociologia, si, ma negare che la medicina sia una disciplina prevalentemente euristica sarebbe intellettualmente scorretto.
Va bene, esiste una letteratura teorica molto ampia ma anche convincersi che essa stessa non venga disattesa è intellettualmente scorretto.
In breve: poiché quindi non si può avere una fiducia incondizionata nell’uomo, non si può avere neppure una fiducia assoluta in ciò che lo studia.
Certo che è meglio avere delle facoltà di medicina e degli ospedali adeguati ma da qui a riporre una fiducia cieca, illimitata in qualcosa che, appunto, non funziona come, ad esempio, la ricerca fisica, è folle.
Ritenere che il sapere scientifico non si debba criticare è insensato. Ritenere che il sapere scientifico non si debba criticare è contrario agli stessi princìpi sui quali nasce la scienza moderna!
Allo stesso modo, ritenere che la scienza non debba assumersi delle responsabilità è ugualmente sbagliato e immorale: fino a prova contraria, l’ideologizzazione del positivismo non ha portato l’uomo in alcune occasioni a impugnare l’innovazione tecnica come un’arma?
In conclusione, detesto convintamente l’affermazione “ho fiducia nella scienza” (e non devo spiegare nuovamente il perché); posso nutrire delle aspettative nei confronti della scienza affinché continui ad aiutare l’uomo a conoscere e a conoscersi, posso avere una residuale fiducia nella scienza a determinate condizioni, certo, ma non di più poiché in un contesto plutocentrico dove tutto (inevitabilmente) ruota intorno al profitto, abbiamo il dovere (purtroppo) di coltivare una sana attenzione nei confronti di tutto.
So benissimo che la maggior parte di voi, in conclusione di questo contributo interpreterà nel modo sbagliato le mie parole ma cosa posso aggiungere di più? Cosa posso fare di più per correggere l’ottusità faziosa che purtroppo ha infettato le vostre ragioni dai tempi delle scuole elementari?
So benissimo che la maggior parte di voi non capirà quanto sto per scrivere ma chissenefrega: chi disse che mi prendo gioco di molti di voi aveva ragione…
Ad ogni modo, in ricordo di una critica continua e sacrosanta che ha messo a nudo migliaia di casi di malasanità, mi sento in dovere di ricordare che la sanità in Italia, in numerosi contesti non è all’altezza di un paese del G20.
Numerose regioni del meridione sono infatti oberate dai debiti e le strutture pubbliche non sono più adeguate ad un’offerta che i cittadini meriterebbero, la regione Lombardia (come molte altre regioni d’Italia) non ha mai investito sulla medicina del territorio e, di conseguenza, non ha mai preparato una “medicina leggera” in grado di evitare affollamenti negli ospedali…devo proseguire e raccontarvi di come numerose infezioni ospedalieri che uccidono centinaia di anziani ogni giorno si potrebbero evitare?
In merito alla medicina del territorio (argomento di cui spesso ha parlato anche il Dottor Bassetti,) bisogna ricordare che pur discutendo di questa opportunità da decenni, nessuno ha mai avviato degli investimenti in tal senso.
Se dieci anni fa avessimo investito in medicina del territorio probabilmente avremmo avuto molte meno preoccupazioni per i posti letto ma così non è stato e nessun intervento né tecnico né giuridico è stato mai fatto per adeguare le infrastrutture ospedaliere.
A proposito di posti letto: la responsabilità civile per gli errori di malasanità ha spinto i medici, soprattutto negli ultimi mesi, a ricoverare pazienti che un anno fa non avrebbero avuto bisogno di un ricovero. Un caso? Un errore? Un eccesso di zelo? Forse, una semplice misura preventiva.
Quanti pazienti si sarebbero potuti curare a casa con un’adeguata strutturazione della medicina del territorio? E quanti pazienti si sarebbero potuti salvare?
La politica, in questo caso, deve rispondere.
Già, la politica: la stessa che non sa assumersi un briciolo di responsabilità e deve ricorrere ad un “dictator”?
Detesto “l’ipse dixit” da sempre, in modo particolare quando la sua logica fortemente coercitiva inficia il dibattito pubblico e invita, come già segnalato, i cittadini a non avere neppure un dubbio.
I vaccini anti Covid-19 hanno avuto dei vantaggi, chi può negarli? Ma chi può negare inoltre che negli ultimi mesi si sia spesso fatto un cattivo uso della comunicazione?
Quanti errori commessi si potevano evitare? Perché si è somministrato Astrazeneca a chi non poteva riceverlo? Perché lo Stato italiano e l’Unione europea non hanno mai chiarito i dettagli degli accordi raggiunti con le case farmaceutiche? Perché della terza dose abbiamo iniziato a parlarne da meno di un mese pur sapendo da maggio che si sarebbe dovuta fare?
Ecco, come spero si sia compreso, la realtà è un tantino più complessa di un racconto retorico e propagandistico costruito sulla presunzione assolutista.