Perché un vaccino non ci salverà (per sempre)
Premessa: sono un convinto sostenitore che i vaccini siano stati una delle più grandi scoperte dell’umanità.
Nel corso del tempo, le vaccinazioni hanno infatti non solo consentito di debellare numerose malattie, (come ad esempio il vaiolo o la poliomelite), ma anche di controllarne altre (come la difterite o la pertosse).
Con i loro benefici è stato di conseguenza possibile salvare milioni di vite e garantire a miliardi di persone un benessere socio-sanitario diffuso che nessuna epoca storica ha mai conosciuto.
Tuttavia, non credo che il vaccino contro il Covid-19 avrà il potere di risolvere per sempre, come per magia, i nostri attuali problemi.
In questi giorni è più che giustificato chiedersi quale sia l’origine del nuovo Coronavirus che ha causato la pandemia che stiamo attraversando. Fondamentalmente perché se riusciremo a capirlo in modo definitivo allora riusciremo a capire (e ad accettare) che nonostante il vaccino non potremo tornare a vivere la vita che vivevamo prima del 2020 con indifferenza.
Se è vero che l’origine del Covid-19 è da imputare ad un processo di selezione naturale in un animale ospite come il pipistrello, probabilmente esistono infatti questioni ambientali che non possiamo più permetterci di sottovalutare o ignorare.
Per inquadrare e capire la nuova epidemia causata dal coronavirus SARS- CoV-2, è necessario quindi fare un passo indietro e ripercorrere tutte le altre crisi epidemiologiche che hanno caratterizzato il ventesimo secolo.
In questa prospettiva, “Spillover: l’evoluzione delle pandemie” di David Quammen (Adelphi, 2014), risulta ancora una lettura attualissima e, per certi versi purtroppo, premonitoria di quello che sta accadendo ora, (nonostante sia uscito nel 2012).
La prima domanda che sorge dopo aver concluso la lettura del libro appena citato è: era davvero così inaspettata l’arrivo di una nuova epidemia? In realtà no, anzi. Esperti e scienziati avevano infatti previsto da anni le conseguenze terribili di una nuova zoonosi causata da un patogeno ignoto…
In relazione al nuovo coronavirus SARS- CoV-2, ripropongo di conseguenza il seguente passaggio, tratto appunto dal primo capitolo di “Spillover”:
“Non c’è alcun motivo di credere che l’AIDS rimarrà l’unico disastro globale della nostra epoca causato da uno strano microbo saltato fuori da un animale. Qualche Cassandra bene informata parla addirittura del Next Big One, il prossimo grande evento, come di un fatto inevitabile (per i sismologi californiani il Big One è il terremoto che farà sprofondare in mare San Francisco, ma in questo contesto è un’epidemia letale di dimensioni catastrofiche). Sarà causato da un virus? Si manifesterà nella foresta pluviale o in un mercato cittadino della Cina meridionale? Farà trenta, quaranta milioni di vittime? L’ipotesi è ormai così radicata che potremmo dedicarle una sigla, NBO. La differenza tra HIV-1 e NBO potrebbe essere, per esempio, la velocità di azione: NBO potrebbe essere tanto veloce a uccidere quanto l’altro è relativamente lento. Gran parte dei virus nuovi lavorano alla svelta.”
Nonostante la differenza tra il numero di vittime e la differenza stessa della natura tra l’HVI e SARS-CoV-2, non possiamo tuttavia non trascurare dettagli come l’origine zootica dei virus in esame, il luogo indicato del possibile focolaio e soprattutto la velocità ipotizzata di propagazione del virus.
SARS-CoV-2 sarà il Next Big One descritto? Non possiamo saperlo. Tuttavia, continuando la nostra analisi non si può non citare il capitolo “Una cena alla fattoria dei ratti” che esplica in modo dettagliato e puntuale la storia della SARS del 2003. I passaggi più affascinanti del capitolo appena citato riguardano la descrizione dei wet markets asiatici e la cultura dello yewei, (cultura che prevede l’uso di mangiare specialità esotiche diffusa nel sud della Cina).
Questa ultima moda alimentare, relativamente recente, «non ha tanto a che fare con la scarsità di risorse, la fame, qualche antica tradizione, quanto con la recente ricchezza della zona e la nascita di mode e ostentazioni relativamente moderne. Gli esperti di cultura cinese contemporanea la chiamano l’“èra delle specialità selvatiche”».
Mangiare un animale esotico è infatti sinonimo di lusso, ricchezza e prosperità. Si tratta di un’usanza che si mescola e confonde a quel coacervo di cure e preparazioni afrodisiache tipiche della cultura cinese che prevedono l’utilizzo di sezioni di animali selvatici.
C’è da specificare che molte specie ricercate (come la civetta delle palme, che fu inizialmente identificata come animale vettore della SARS) provengono da allevamenti e fattorie specializzate. Nonostante arrivino ai mercati in buona salute, sono gli spazi angusti e le gabbie a rete a favorire i contatti tra fluidi e deiezioni con altri animali infetti.
Dopo la SARS, si era già assistito a una riduzione del commercio di animali esotici in vendita nei mercati destinati ai ristoranti, ma la domanda di specie selvatiche non si è mai completamente interrotta, ha semplicemente assunto un volto illegale.
Con l’epidemia COVID-19 scoppiata a Wuhan, si è tornato a interrogarsi sui destini dei wet markets.
Il 24 febbraio 2020 il Governo cinese ha reso da temporaneo a permanente il divieto e il commercio delle specie esotiche per scopi alimentari. Se una parte di popolazione cinese ha accolto favorevolmente la notizia, solo il tempo dirà quali saranno gli impatti culturali sulle credenze popolari che ancora aleggiano sul consumo di carne di animali selvatici e quelli economici sui piccoli allevamenti a conduzione familiare.
Ma quindi chi è il vero “colpevole” del fenomeno della zoonosi?
La copertina Adelphi di “Spillover” che ritrae una volpe volante delle Comore contiene un’anticipazione importante su quali resevoir naturali abbiano giocato spesso un ruolo importante nelle spillover e che si presume siano anche alla base del nuovo coronavirus SARS- CoV-2…
Ripercorrendo le storie di Hendra in Australia, Nipah nel sud-est Asiatico, Ebola nelle foreste del Congo, cambiano gli animali ospiti intermedi ma il comune denominatore d’origine sono sempre i pipistrelli. Il perché è presto detto: i chinotteri sono il 20% dei mammiferi esistenti, esistono da migliaia di anni, possono spostarsi agilmente da un luogo all’altro e sono praticamente ovunque.
Con questo, non si intende affermare che i chinotteri esistano per diffondere virus, anzi!
Cerchiamo di capire dunque perché…
Essendo i pipistrelli gli unici mammiferi capaci di volo attivo, durante il volo il loro metabolismo è accelerato e di conseguenza la produzione di agenti ossidanti potenzialmente in grado di causare danni alle cellule cresce.
Ne consegue che, come qualsiasi organismo vivente, nel corso dell’evoluzione si è reso necessario sviluppare una serie di meccanismi di difesa tali da consentire il rafforzamento delle sue difese immunitarie. Non a caso, i pipistrelli risultano essere inoltre anche particolarmente longevi, (hanno infatti una speranza di vita accertata di 30 anni circa di vita).
Ospitare un alto numero di virus non significa, come già specificato, infettare la nostra specie.
Come ben spiegato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (https://www.izsvenezie.it/temi/animali/pipistrelli/), in alcune specie di chirotteri sono stati rilevati infatti numerosi coronavirus che nonostante l’affinità al virus COVID-19 e al virus che ha causato nel 2002-2003 l’epidemia di SARS, sono considerati innocui per l’uomo.
Perché l’uomo venga infettato occorre che ci sia compatibilità fra le proteine di superficie del virus e i recettori delle cellule umane. A oggi, tuttavia, nei pipistrelli non sono state identificate varianti di questi virus che siano certamente capaci di legarsi efficacemente ai recettori umani e si ritiene improbabile che l’epidemia in corso, e in passato la SARS, siano state causate da un passaggio diretto del virus da pipistrello a uomo.
Detto in altre parole, anche se i progenitori del virus COVID-19 fossero presenti in qualche specie di pipistrello, la trasformazione che ha portato all’infezione dell’uomo e scatenato l’epidemia è probabilmente avvenuta in un altro animale, il cosiddetto “ospite intermedio”.
Nel caso della SARS, numerosi studi hanno individuato in mammiferi della famiglia dei viverridi, oggetto di allevamento e commercio in Asia, gli agenti che hanno trasmesso il virus all’uomo. Il rischio per l’uomo è dunque derivato dal contatto coi viverridi, non con i pipistrelli, i quali, come abbiamo osservato reagiscono esclusivamente quando il loro ecosistema viene aggredito.
Come i migliori gialli che rivelano un colpo di scena finale, Quammen rivela però fin dall’inizio che il colpevole numero uno delle zoonosi è un altro che purtroppo conosciamo bene: l’essere umano.
In una recente intervista rilasciata al New York Times a proposito del nuovo Coronavirus, Quammen ribadisce il concetto che le zoonosi non sono accidentali, bensì conseguenze delle attività umane. La devastazione ambientale e le deforestazioni rappresentano un problema serio per le epidemie in quanto aumentano le occasioni di contatto con i patogeni.
Non meno importante è la questione del sovraffollamento. Lo scrittore nell’intervista commenta infatti così: “Nessun animale di grande corporatura è mai stato quasi così abbondante come lo sono ora gli umani, per non parlare degli effetti di questo sulle risorse a disposizione. E una conseguenza di questa abbondanza, questo potere e i conseguenti disturbi ecologici sta aumentando gli scambi virali – prima da animale a umano, poi da umano a umano, a volte su scala pandemica”.
In “Spillover”, a questi due elementi se ne aggiunge un terzo che ribalta, se vogliamo, la nostra prospettiva generale. Proviamo a metterci nei panni dei virus come degli esseri disturbati nella propria quiete e sfrattati dal proprio ospite naturale. Le uniche possibilità di sopravvivere sono quindi trovare una nuova casa o estinguersi. E quindi dove, se non diffondersi in un essere presente in una così grande quantità come gli umani. Forse non faremmo anche noi lo stesso?
Un vaccino ci salverà quindi? Probabilmente ci aiuterà a combattere la diffusione di SARS-CoV-2 ma non basterà a porre un freno a tutti quei pericoli che abbiamo analizzato e che hanno consentito lo sviluppo di SARS-CoV-2, appunto.
Senza un confronto serio su tutte quelle questioni ambientali che vedono incrinarsi il nostro rapporto con l’ambiente, tra pochi anni saremo costretti a confrontarci con una nuova pandemia. Cosa faremo in quel caso? Ricorreremo ad nuovo vaccino? Per quanto ancora continueremo a vivere nell’ignoranza che prevenire è meglio che curare? Per quanto ancora continueremo a non capire che senza una visione sistemica che migliori stile di vita e alimentazione non vivremo mai lontani dai rischi di cui abbiamo finora discusso? Se i wet markets asiatici continueranno a chiedere alla natura sacrifici sempre più impegnativi, quale prospettiva epidemiologica ci ritroveremo ad affrontare ricordando tutto quello che stiamo studiando?
P.S. Mentre approfondivo le caratteristiche biologiche dei pipistrelli, non ho potuto fare a meno di ripensare a tutto quello che questi animali così straordinari hanno rappresentato nell’immaginario degli esseri umani nel corso della loro storia.
Si pensi ad esempio a Batman, il leader dei supereroi della D.C. Il suo alter-ego, Bruce Wayne, è un giovane miliardario che vede morire i propri genitori quando è un bambino. Nonostante l’evento così traumatico, non sceglie di voltare le spalle al suo dolore e di ignorarlo cercando di annacquare tutto nel lusso e nel vizio, ma sceglie bensì di guardare in faccia i suoi traumi e di mettere al servizio della collettività le sue risorse affinché eventi come quelli da lui subiti non si ripetano più.
La scelta di adottare il pipistrello come simbolo non è casuale: essi sono la rappresentazione materiale delle sue paure più profonde, paure che dopo aver affrontato decide di adottare e proiettare contro i suoi nemici. Per spiegare meglio questo concetto, richiamo la scena di “Batman begins” di Christhoper Nolan in cui alla domanda di Alfred Pennyworth (Michael Caine) circa la decisione di scegliere il pipistrello come icona, Bruce Wayne (nel film Christian Bale) risponde: “Perché mi fanno paura. Che li temano anche i miei avversari.”
Bruce Wayne, sa che la paura è il virus più contagioso al mondo e come qualsiasi pipistrello riesce a sviluppare quindi nei suoi confronti un’immunità, un’immunità che gli consente di elevarsi, anzi, di sollevarsi e di tutelare l’ecosistema che lo circonda.
In tempi di necessaria riscoperta non solo dei nostri doveri nei confronti dell’ambiente ma anche delle nostre paure, il suo valore, sebbene sia il valore di un personaggio di fantasia, dovrebbe essere di grande ispirazione.