Carattere e limiti della proprietà privata tra certezze, proposte e “teorie del complotto”
Dove e quando finisce una teoria del complotto? Umberto Eco, insigne intellettuale già citato in numerose occasioni precedenti, scrisse che un complotto è comunque destinato ad essere scoperto, prima o poi:
“Che esistano e siano esistiti nella storia dei complotti mi pare evidente, da quello per assassinare Giulio Cesare, alla congiura delle polveri alla macchina infernale di Georges Cadoudal, sino ai complotti finanziari odierni per dare la scalata a qualche società per azioni. Ma la caratteristica dei complotti reali è che essi vengono immediatamente scoperti, sia che abbiano successo, vedi Giulio Cesare, sia che falliscano come il complotto dell’Orsini per uccidere Napoleone III. Quindi i complotti reali non sono misteriosi e in questa sede non ci interessano…”
È vero, esiste una fenomenologia del complotto abbastanza ampia di cui scrisse lo stesso Umberto Eco ma a prescindere da questa, spesso e volentieri si continua ad abusare della parola “complottista” per designare chiunque abbia un’opinione difforme rispetto non tanto alla maggioranza ma allo “spirito del tempo”.
Nel momento in cui ci riscopriamo quindi fragili di fronte ad una crisi destinata a non terminare mai, un’affascinante teoria del complotto (che a quanto pare, in realtà, non ha nulla a che vedere con un complotto) torna all’improvviso in auge e ci dimostra ancora una volta quanto siano state vere le parole di Umberto Eco.
Da tempo, si discute infatti di uno slogan a dir poco ingannevole proposto a Davos, in occasione del World Economic Forum, (“Non avrai nulla e sarai felice”) ma nessuno pare aver preso seriamente la pericolosità dello slogan in oggetto il quale, contraddice ogni natura complottista e rivela chiaramente all’opinione pubblica un tema: qual è il ruolo del World Economic Forum nei contesti dove si decidono le politiche dei paesi democratici occidentali?
Se esiste, effettivamente, un’adesione da parte dei leader dei principali paesi liberali ad un’agenda basata sullo slogan “non avrai nulla e sarai felice”, credo sia opportuno un chiarimento non a Davos, non a Bruxelles ma a Roma, davanti ai deputati e ai senatori della Repubblica italiana.
Magari, lo slogan “non avrai nulla e sarai felice” non significa niente ma in Spagna e in Italia sono comunque accaduti fatti nelle ultime ore che dovrebbero comunque suggerirci delle riflessioni.
In Spagna, (in Catalogna per essere precisi), il governo ha deciso di procedere con l’esproprio degli immobili dei “grandi proprietari” affinché i relativi immobili inutilizzati possano essere messi a disposizione dei cittadini meno fortunati e in Italia, la ministra Anna Maria Bernini ha proposto di “dare le case inutilizzate agli studenti” per rispondere al caro affitti denunciato proprio negli ultimi giorni in molte città universitarie.
Ora, se da un lato è sacrosanto che lo Stato intervenga per aiutare i cittadini più fragili, credo sia comunque opportuna una riflessione di più ampio respiro sul principio proposto e sulle conseguenze più o meno immediate delle scelte osservate (soprattutto in relazione alle dichiarazioni di apertura del World Economic Forum).
La proprietà privata, in Italia (ma non solo), è un diritto fondamentale e in Italia, in particolare, esso è addirittura tutelato dalla Costituzione (l’articolo 42 della Carta dichiara, in effetti, al secondo comma che “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”). Certo, come ben sappiamo lo stesso esproprio è contemplato dalla Costituzione medesima la quale ricorda, al comma terzo dell’articolo poc’anzi menzionato che “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla leggi, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale” ma ciò non significa, comunque, che l’autorità possa arbitrariamente stabilire cosa e cosa quando confiscare.
Lo spirito della Costituzione, come ribadito spesso negli ultimi tre anni, è quello del bilanciamento di interessi: metodo e fine più volte perseguito non solo dal legislatore ma anche dalla Consulta; per cui, nonostante sia superfluo ribadire che è compito del legislatore e di chiunque abbia un “grammo” di responsabilità sociale perseguire un effettivo bilanciamento tra il diritto alla proprietà e le esigenze della collettività, credo sia comunque opportuno farlo.
Cosa significa, non a caso, “non avrai nulla e sarai felice”? E cosa significa la frase “dare le case inutilizzate agli studenti”? Quali sono i criteri, in concreto, attraverso cui si potrebbero individuare le “case inutilizzate”?
Ancora una volta, sembra di osservare incertezza e dubbio da parte della politica la quale, pur di non rispondere alle ragioni effettive del caro affitti, procede con soluzioni scontate o, peggio, indicate da soggetti terzi non eletti.
Il tema, non recente, ma già osservato purtroppo nel pieno della più recente pandemia, è che l’isteria possa essere una concreta minaccia alla nostra democrazia la quale, ribadisco, non si difende con le cene di gala e gli asterischi ma con il bilanciamento di interessi e la convinzione per cui una crisi non può contemplare la sconfitta di un diritto a vantaggio di un altro.
Oggi, la Catalogna decide di espropriare le case dei più ricchi ma cosa le impedirà, a queste condizioni, di espropriare domani la casa al mare dell’artigiano acquistata dopo tanti sacrifici?
In nome di una non ben precisata “collettività” si possono spesso commettere i peggiori abusi ed è giusto ricordarlo affinché i fatti non vengano confusi con “teorie del complotto” che tali non sono perché sono evidenti…
P.S. Ma in concreto cosa vuol dire, in conclusione, la frase “non avrai nulla e sarai felice”? Vuol dire che siccome un’Intelligenza Artificiale farà il nostro lavoro riceveremo un sussidio dallo Stato e che lo Stato ci costringerà a condividere le nostre case con altre persone perché altrimenti non solo perderemo il sussidio ma saremo altresì accusate di essere “egoiste”?
Magari, spero, ciò che ho appena scritto troverà spazio in un romanzo distopico degno di George Orwell e Ray Bradbury ma le esperienze degli ultimi anni ci dimostrano non solo che la storia può essere imprevedibile ma che spesso i diritti non sono scontati e che anche in Occidente, purtroppo, si può chiedere a chiunque un sacrificio “in nome della collettività” e poi tacere di fronte ad una perplessità (come accaduto nel caso di chi dopo la vaccinazione anti Covid-19 ha subìto un danno ma non ha ricevuto risposte da nessuno, anzi).