Due anni di Quolit, due anni di felicità
L’e-commerce ormai è parte integrante delle nostre vite e della nostra economia.
Gli acquisti on line sono infatti in notevole aumento, ma nonostante tutto, la diffidenza degli utenti è ancora molta.
Ma com’è possibile? Com’è possibile che malgrado le opportunità, molti possibili nuovi operatori del settore preferiscano non approfittarne?
Innanzitutto cerchiamo di capire cos’è l’e-commerce partendo da una definizione: l’insieme delle transazioni virtuali attraverso le quali è possibile commercializzare beni e servizi di varia natura.
Per le nuove generazioni di imprenditori, nate e cresciute nell’era digitale, l’e-commerce è semplicemente una risorsa straordinaria, una nuova frontiera, la più interessante possibilità di business in un mondo sempre più dinamico e confuso ma per chi, a differenza dei cosiddetti “millenials” ha imparato a usare un computer da adulto non è scontato che l’e-commerce sia una potenziale risorsa (a prescindere).
Siccome sono ormai 2 anni che mi occupo dello sviluppo di Quolit SRL, una giovane start- up che offre appunto servizi di e- commerce alle pmi italiane, posso non solo affermare di essermi già confrontato in maniera stimolante con il mondo del lavoro e con le difficoltà che naturalmente incontra un’impresa i primi tempi (Quolit ha compiuto in effetti un anno il 14 febbraio, giorno di san Valentino!) ma anche di poter valutare, di conseguenza, l’opportunità di fare un nuovo bilancio della mia personale esperienza e di raccontare quindi Quolit.
Non intendo naturalmente soffermarmi sugli aspetti più tecnici del mio lavoro, né tantomeno sciorinare dati e informazioni che potrebbero annoiare, ciò che intendo infatti fare è condividere semplicemente esperienze e conseguenti riflessioni maturate.
Ad ogni modo, Quolit è un sito di e-commerce che offre alle pmi italiane che continuano, nonostante tutto, a investire e dunque a produrre in Italia, la possibilità di vendere on line.
In altre parole, Quolit è una vetrina virtuale dove trovano spazio prodotti artigianali o di piccola industria purché realizzati o perlomeno assemblati per buona parte in Italia.
Nello specifico, occupandomi prevalentemente dell’aspetto più commerciale del progetto, io tocco con mano il lato più umano del nostro tessuto socio-economico; ossia, io mi impegno a selezionare i prodotti e a scegliere i venditori da contattare.
Non è semplice costruire relazioni dal nulla con commercianti, artigiani e piccoli industriali quando hai poco più di vent’anni e l’unica cosa che cerchi di trasmettere è un messaggio innovativo (e ottimista) pensato per sostenere un mondo commerciale fatto di tradizioni e segreti ormai fiaccato dalla crisi degli ultimi anni.
C’è chi ha compreso presto le potenzialità della nostra offerta e non ha esitato ad approfittarne (il nostro servizio è gratuito), ma c’è anche chi, purtroppo, avendo già perso tanta fiducia negli ultimi tempi non intende più scegliere e preferisce quindi restare fermo ad aspettare non si sa bene cosa.
Vero, i dati macroeconomici degli ultimi mesi non sono decisamente incoraggianti e la situazione non accenna a migliorare e ciò non può che suscitare in noi riflessioni ampie e non di certo, (spero), scontate; (dopotutto, non giriamoci troppo intorno, sono le imprese che generano posti di lavoro e ostacolare il privato significa ostacolare il mercato del lavoro nella sua parte più importante e ampia).
Indipendentemente però dai fatti, la sensazione generale è quantomeno negativa e oggettivamente, vista la governance globale del paese dal basso, cioè dalla parte di chi manda avanti l’economia, è difficile essere ottimisti.
Malgrado un anno fa scrissi esattamente le stesse parole che ho appena scritto vorrei comunque prendermi un momento per dedicarmi alla volontà di resistere, di impegnarsi e di lasciare un segno e non già perché essa mi ispira tutt’ora ma perché di fatto essa si è rafforzata, (nonostante tutto).
Sì, il PIL è importante ma d’altronde, da solo, non basta e non può aiutarci a misurare il grado di soddisfazione e serenità dei cittadini ed ecco perché credo sia importante ribadire quanto sia prezioso, per me, svolgere un lavoro che non si limita a proporre un servizio innovativo, ma ad andare oltre e continuare.
Se Quolit cresce non è merito infatti solo mio che comunque continuo a credere che un contratto sia l’inizio di una battaglia in comune con un venditore ma è prima di ogni cosa merito dei venditori stessi, i quali credono nelle potenzialità del nostro sito, investono tempo ed energie nella gestione del loro negozio virtuale e infine, in loro stessi.
Nonostante la facile (e affascinante) definizione di start-up nessuno, è importante precisarlo, ha intenzione di continuare costruire un progetto troppo velocemente e cederlo senza troppi indugi al primo offerente, (l’idea ispiratrice è infatti quella dell’azienda tradizionale, destinata a crescere secondo i normali tempi di sviluppo di un’azienda).
Certo, nessuno può prevedere con certezza quali dinamiche ci condizioneranno domani ma se è vero che il tempo è la risorsa più preziosa che abbiamo, anche se dovessimo un giorno decidere di investire altrove, non credo dimenticheremo facilmente i valori che fino ad ora ci hanno ispirati.
Non a caso è proprio Roma, ossia tra le strade di una città che non fu costruita in un solo giorno che vediamo emergere elementi interessanti su cui riflettere, elementi che abbracciano il degrado oggettivamente innegabile e che purtroppo la rende abbietta, elementi che definiscono gli squarci di bellezza e di novità che tentano di alzare la voce, di opporsi e quindi vivere, elementi dinamici e spesso inspiegabili che a modo loro si uniscono in un tutto che penso non dimenticheremo…
C’è molto da imparare da tutto questo: camminare per Roma dovrebbe infatti, a mio modesto parere, sensibilizzare ogni italiano, invitarlo a riflettere e a capire quindi che occorre tempo, tanto tempo per realizzare qualcosa di straordinario.
Non senza polemica, infine, credo che proprio la nostra università, l’università italiana, abbia purtroppo dimenticato proprio questo poiché al netto di piccoli, sparuti casi di eccellenza, temo abbia in effetti dimenticato il suo ruolo di creazione di valore e innovazione. Il nepotismo, la corruzione e oserei anche il degrado in alcuni casi hanno corrotto il suo spirito più autentico, permesso il proliferare di realtà dove non si pensa, non si riflette, non si inventa ma si pretende di essere importanti semplicemente perché si è stati i primi secoli fa.
Io non so quanto sia difficile vincere la paura di sbagliare e fallire ma credo che tentare di capire che essa non abbia effettivamente senso sia importante e non già perché senza una paura simile sia tutto più leggero ma perché fallire, come morire, è un fatto naturale: un fatto che dovrebbe ricordarci ogni giorno di allontanare da noi i rimpianti proprio per provare ad affrontare il momento in questione con la maggiore serenità possibile.
Certo, forse è per me prematuro sperare di scrivere di preparazione adeguata ora ma se è vero che , come sosteneva il Presidente John Fitzgerald Kennedy, “Il cambiamento è la legge della vita, quelli che guardano (solo) al passato o (solo) al presente, sicuramente perderanno il futuro.”.