“I mostri”: un libro per tutti

Raccontare un libro scritto da un leader politico è impresa assai difficile, poiché il rischio che qualcuno confonda la tua analisi (e il tuo consiglio) per apologia politica (o raccomandazione) è credibile.

In tre giorni, ho letteralmente divorato il nuovo libro di Carlo Calenda, dirigente d’azienda, europarlamentare e leader di “Azione” (qui posso scriverlo).

Un libro straordinario, che scorre piacevolmente e analizza in modo lucido e oggettivo quei “mostri” psicologici di cui l’Italia è vittima da decenni.

Il titolo del libro, non a caso, si chiama “I mostri” (“E come sconfiggerli”).

Per la prima volta, Carlo Calenda scrive un libro politico (nel senso più ampio del termine) e ci racconta di una serie impressionante di creature che non solo impediscono la crescita economica, ma allontanano il nostro paese dalle istituzioni europee e aggravano un legame già fortemente compromesso tra cittadini e istituzioni.

I mostri sono miti, non persone fisiche, attenzione. Non sono quindi Benito Mussolini, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema, Matteo Renzi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni ma gabbie mentali perenni e ogni anno sempre più complesse.

Negli ultimi decenni, gli italiani sono stati sedotti da una politica isterica, una politica che prima li affascina e poi li pietrifica. Esattamente come Medusa. Ma chi ha saputo razionalizzare l’azione politica e tagliare la testa alla Gorgone che ha incarnato il vizio di cercare “l’uomo forte”? (O “l’uomo della provvidenza”?)

Cosa resta quindi della politica degli eroi? Quando gli eroi si rivelano per ciò che sono? Cioè personificazioni di un’Italia alla costante ricerca di una giustificazione o peggio, un capro espiatorio?

L’insofferenza profonda per le aspettative tradite, non casualmente, assume la forma di un altro mostro: il Minotauro. Un sentimento bruto e cieco, capace di ferocia e, purtroppo, incapacità di confronto.

Ma l’Italia, come ricordato, è anche il paese della grande bellezza, una grande bellezza che non abbiamo saputo gestire e valorizzare ma che invece ha reso la classe dirigente (non solo politica) un’accozzaglia di nichilisti e cinici come Narciso: oltre alla propria immagine riflessa, tutto è brutto e sporco.

Un atteggiamento che, inevitabilmente, ha spinto il paese nel pantano della rassegnazione.

La grande frattura che ha allontanato (e continua ad allontanare) le istituzioni dai cittadini è la stessa che separa il progresso dalla società: se il progresso avanza troppo rapidamente rispetto alla capacità della società di comprenderlo e gestirlo, i cittadini, se abbandonati, si sentono privati del loro destino. La paura assoluta, la chiusura e infine l’aggressività sono reazioni inevitabili.

Ripensando a “I fallimenti dei Bomers”, (articolo pubblicato su “Pensiero divergente” e  su questo blog il 16 giugno 2020), sono rimasto piacevolmente sorpreso quando leggendo “I mostri”, ho letto di Crono, il più giovane dei Titani che divorava i suoi figli temendo che potessero privarlo del potere.

Crono, descritto nelle battute finali, rappresenta un altro mostro: la cecità delle generazioni più mature che non hanno una visione per le generazioni del futuro.

In un passaggio molto delicato si legge: “Ma la nostra responsabilità più grave è quella di non indicare mai alla politica, come priorità, i provvedimenti che sono utili per i giovani. Anche qui prevale la visione miope che altrove nel libro ho definito “pochi maledetti e subito”: <<Datemi la pensione anticipata che poi ai miei figli ci penso io>>. Un sondaggio recente ha chiesto agli italiani se fossero disponibili a lavorare di più per garantire la pensione ai loro figli e nipoti. La risposta è stata un secco <<no>> per più del 60 per cento degli intervistati. […]

In politica si riscontra un eccesso di giovanilismo.

Vogliamo leader sempre più giovani anche laddove serve l’esperienza, mentre pi organizziamo una società a misura di anziani. […]

Insomma, idealizziamo la giovinezza e trascuriamo i giovani.”

Ma i mostri si possono sconfiggere.

Punto per punto, l’autore, dopo averli descritti ci indica una serie di consigli utili che adesso non ha senso descriva per ragioni di spazio; è importante tuttavia ricordare, anche e soprattutto in questa sede, che la democrazia, intesa come partecipazione alla vita politica di tutti i cittadini, comporta responsabilità e attenzione, non disinteresse assoluto.

In conclusione, la via principale grazie alla quale, come già ampiamente ricordato anche da me in numerosi altri articoli, si può sconfiggere l’apatia contemporanea restano la riflessione e la partecipazione.