Incertezza e attesa possono essere i sintomi del prossimo infarto sistemico. Ma una soluzione c’è.

Sentite nell’aria odore di chiuso? E’ l’odore dell’incertezza, la carogna di ogni buona intenzione.

Si, esatto, quando ogni buona intenzione muore odora di incertezza.

Da anni, dopo l’11 settembre 2001, ma soprattutto dopo il 15 settembre 2008, tra recessione, aumento delle disparità sociali e terrorismo ci si chiede cosa sia successo all’Occidente.

In Inghilterra ad esempio cosa c’è dopo Brexit? Come può un paese che sta perdendo il proprio equilibrio interno ed esterno ritrovarsi con l’attuale leadership? I partiti si rifugiano nel passato, ma tra sogno post imperialista e utopia socialista senza quindi presentare una reale visione al paese.

La Francia sembra stia ritrovando un equilibrio grazie a Macron ma la strada è ancora lunga e superare il passato non è un’operazione veloce.

In Italia aspettiamo. Non si sa bene cosa ancora. Dai piccoli comuni a Roma il paese è oggettivamente senza una guida coerente e credibile, capace di rompere realmente con un passato fallimentare pieno di sbagli e non scelte.

Di conseguenza viviamo alla giornata, aspettando appunto non si sa bene cosa.

Con l’attuale legge elettorale (quella cioè con cui si voterà a breve) e con il frastagliamento di movimenti e partiti in campo quasi sicuramente nessuno sarà in grado di formare autonomamente un esecutivo. Nasceranno quindi nuove coalizioni, ci saranno nuovi accordi, il governo che nascerà e tutti quelli che lo sostituiranno dopo dovranno confrontarsi con manovre finanziarie sempre più instabili e costante perdita di credibilità e peso negli scenari internazionali che contano.

Ma d’altronde senza una guida forte cosa possiamo aspettarci?

Si dirà che formare coalizioni di governo è la prassi. Si è sempre fatto.

Mi chiedo allora, visti i risultati, perché dobbiamo continuare a farlo?

Perché dobbiamo ostinarci a decidere la vita politica del paese sulla base di una struttura costituzionale pensata quasi ottanta anni fa?

La verità è che noi pretendiamo di risolvere i problemi di oggi con le stesse chiavi di lettura che usavano i nostri genitori e i nostri nonni. Ma i loro tempi sono passati.

Per quanto possano essere affascinanti gli anni ’70 e ’80, da un punto di vista economico in Italia sono stati decisamente anni pieni di errori: spesa pubblica, pochi investimenti in ricerca e sviluppo, contributi di stato, assenza di regolamentazione in ambito concorrenziale.

Insomma, ci si sedette sul patrimonio accumulato nei vent’anni precedenti.

Quando sono arrivate Maastricht e la globalizzazione non eravamo pronti.

Credete allora che sia possibile continuare a vivere e a lavorare in un paese dove, proprio perché non si supera il passato, si vive alla giornata?

Io credo di no.

Incertezza e attesa sono i sintomi di un nuovo infarto, attenzione perché non possiamo gestirne un altro.

Non molto tempo fa mi hanno insegnato che non perdere l’iniziativa quando sei circondato dalla negligenza è il primo passo verso qualcosa di più grande. Comprendo il valore di quelle parole ogni giorno di più…
Sono sempre stato un forte sostenitore della forza della pazienza, non della lentezza (attenzione). Così succede che quando osservo la lentezza, appunto, (nella risposta, nella comprensione, nella reazione e nell’azione) non posso non convincermi che in effetti non può esserci né incontro né dialogo tra lentezza e pazienza.
Il resto, ovviamente, è storia.

Incertezza e attesa possono essere quindi i sintomi del prossimo infarto sistemico e possiamo evitarlo. Prevenendo ovviamente.

Cambiando pensiero.

Accendo la televisione, navigo sui social e le risposte politiche alle incertezze degli italiani sono sempre le stesse.

Ovunque.

Il pragmatismo politico e decisionale che ha sempre caratterizzato le migliori svolte della storia in questo momento non c’è e nessuno oggettivamente è in grado di incarnare una svolta significativa.

Dopo decenni di sopravvivenza c’è solo una risposta che l’Italia non ha mai veramente conosciuto: il pensiero liberale. Con tutto ciò che esso comporta.

Il non conformismo, l’eresia, la critica, la volontà di azione, il pragmatismo appunto sono valori fondanti di un pensiero liberale (e oserei liberista).

Vi sembrano queste caratteristiche tipiche di un paese stanco, depresso e schiavo di campanilismi e divisioni storiche come l’Italia? Un paese incapace di dire basta con le culture politiche del passato?

Liberalismo e liberismo non sono volgarità. Sono concetti che vanno ben oltre tutto quello che noi oggi possiamo vedere. Ben oltre la destra e la sinistra.

Si proiettano in un futuro che non c’è e aspetta solo di essere costruito. Vogliamo perdere l’occasione? Io personalmente no.