Eyes wide shut
Pochi giorni fa, sono entrato in un centro commerciale e dopo aver concluso un breve viaggio in libreria, mi sono seduto ad osservare le lucine dei negozi che mi circondavano.
All’improvviso, una domanda terribile e non scontata mi ha rapito: cosa si nasconde “dove finisce l’arcobaleno”?
Perché la mia mente abbia ricordato “Eyes wide shut”, l’ultimo straordinario capolavoro di Stanley Kubrick, è presto spiegato: “Eyes wide shut” è ambientato durante le festività natalizie e le lucine che il regista ha sapientemente disseminato lungo il percorso non sono mai casuali: esse, si inseriscono infatti in un quadro allegorico dove la presenza delle lucine mette in guardia lo spettatore e gli ricorda che tutto ciò che sta vedendo appartiene ad un mondo incompleto…
Ma è ciò che si nasconde dove le lucine spariscono che conta: nell’ombra, dove appunto l’ “arcobaleno” finisce, inizia non a caso un mondo segreto, esoterico e inquietante…
Riassumere la trama del film che ha visto Stanley Kubrick raggiungere l’apoteosi potrebbe essere riduttivo e pericoloso, per cui atteniamoci alla domanda da cui tutto è cominciato: “Dove finisce l’arcobaleno”?
Francamente non lo so.
Eppure, deve esserci qualcosa dove termina quell’apparenza soffocante e caotica che ci riduce a meri strumenti…
Forse, oltre le apparenze non c’è nulla. C’è un vuoto caotico e gelido profondamente difficile da accettare, un vuoto caotico e gelido che nessuno sa (o vuole) interpretare.
Però Natale è pur sempre una festa. Una festa che trascende gli aspetti consumistici e le abitudini che mal sopportiamo…
Ma come comprenderlo?
Nel corso di una ricerca, mi sono imbattuto in una sentenza del Consiglio di Stato risalente al 13 febbraio 2006.
Nella sentenza appena citata, la sentenza n. 556, il Consiglio di Stato si espresse su un tema molto importante: la presenza del crocifisso nei luoghi pubblici.
Nello specifico, si affermò che “Il crocifisso, è, come tutti i simboli, aperto alle interpretazioni. Esposto in un luogo di culto, assume certamente il significato di identificazione in una fede e di appartenenza a una comunità di fede. Ma, esposto in un luogo non religioso, come un edificio pubblico (scuola, tribunale), il crocifisso, senza contraddire il significato religioso ch’esso mantiene per i credenti nella sfera della fede, assume un significato civile più comprensivo e non lesivo di alcuna coscienza. Esso diverrebbe simbolo di valori rilevanti sotto il profilo civile, quale fondamento della convivenza sociale, e potrebbe così svolgere una laica funzione integrativa, proponendo in modo simbolico valori di tolleranza, rispetto della dignità della persona, solidarietà verso i sofferenti, primato della coscienza sull’autorità”.
Nel compromesso raggiunto dal Consiglio di Stato nel 2006 qualcuno individuò i segni di una secolarizzazione pericolosa, ma a mio modesto parere il Consiglio di Stato fece esattamente quello che avrebbe dovuto fare la Chiesa cattolica: propose un simbolo religioso anche a coloro che, legittimamente, hanno scelto (?) di non abbracciare la fede cristiana.
Ciò che credo sia necessario quindi cercare di ripensare, a prescindere dalla consapevolezza di cosa significhi il Natale, è la nostra stessa esistenza.
Non solo il Natale, infatti, è stato svuotato di contenuto ma ogni evento e ogni momento della nostra esistenza terrena.
Siamo onesti: cosa resta dell’individuo quando tutto si piega narcisisticamente a logiche che l’individuo è costretto ad accettare passivamente?
Cosa resta dell’individuo quando ogni componente della realtà che vive risponde ad esigenze economiche? Cosa resta dell’individuo quando lo Stato pretende di essere “padre e padrone” e rende vana la critica?
Nel corso della consueta conferenza stampa che il Presidente del Consiglio dei ministri tiene ogni anno prima di Natale, Mario (Targaryen) Draghi ha detto chiaramente “che la comunicazione sul “Green pass” e sul “Super Green pass” ha fatto stato di quelle che erano le conoscenze a quel momento”, e forse è stato così ma perché, dunque, pur ammettendo che in quel momento (cioè a luglio) si è sbagliato qualcosa, si continua imperterriti sulla strada della stigmatizzazione del dissenso?
Perché esprimere un dubbio di natura giuridica, scientifica e tecnica su qualcosa che ha stabilito l’Esecutivo è diventato un crimine non tollerabile?
Sarò franco: quando i detentori di un’ipotetica verità assoluta riusciranno a convincersi che la politica e l’etica civile non sono la mera applicazione delle radicate fedi che difendono, ma mediazione tra opinioni e valutazioni forse torneremo a dare forma all’informe materia che ci trasciniamo dietro.
L’etica del dubbio che lo stesso Gustavo Zagrebelsky descrisse nel suo libro “Contro l’etica della verità” (2008), è, fino a prova contraria, condizione imprescindibile per la democrazia!
In conclusione, ciò che mi sento di augurarvi in occasione del Natale è una sana diffidenza per tutto quello che il potere pretende di servirci: sbendatevi dunque, coltivate il dubbio e la critica, cercate, approfondite e abbiate il coraggio di ammettere che la realtà, quella vera, trascende l’enfasi messianica della propaganda.
P.S. Il tempo dell’ “ipse dixit” assoluto di Luigi XIV è finito da più di un secolo.