Dopo 14 anni,Sergio Marchionne, l’eroe dei due mondi, lascia FCA

Da tempo, molti dicevano che alla fine, nel 2019, Marchionne non sarebbe andato via: immaginare per FCA un “dopo Marchionne” sembrava infatti fino a pochi mesi fa impossibile…

Ma negli ultimi giorni le condizioni di salute di Sergio Marchionne si sono aggravate: nel pomeriggio di sabato 21/07 si è addirittura riunito d’urgenza il cda di FCA per nominare urgentemente un nuovo CEO, Mike Manley.

Oscar Giannino, nella serata di sabato ha scritto:  “#Marchionne. Fiat era fallita nel 2004, quasi nel 2008. Sol perché era lui, Obama gli diede Chrysler. Ha salvato entrambe, azzerato i debiti e investendo. Miracolo in Cina impossibile, maxierrore prima di lui. Ha scosso Confindustria, sconfitto FIOM, aperto a sindacato cooperativo. Un gigante.”   

Cosa aggiungere? Una sintesi perfetta.

La storia è andata più o meno così: ha trovato FIAT, cioè un’azienda italiana in passivo e lascia FCA, una multinazionale competitiva senza debiti.

Il primo giugno 2004, pochi giorni dopo la morte di Umberto Agnelli, l’uomo che aveva fortemente voluto il manager a Torino, diventa il nuovo CEO. Al suo fianco ci sono John Elkann in qualità di presidente e Luca Cordero di Montezemolo come vicepresidente.

Ricavi in calo, vendite in caduta, modelli obsoleti, tanti debiti e pochi profitti; l’ultimo bilancio dell’era pre-Marchionne è quello del 2003 a firma di Giuseppe Morchio: i ricavi si attestano a 47 miliardi di euro, (7 miliardi in meno del 2002), l’ indebitamento netto è di circa  15 miliardi.

L’esercizio si chiude quindi con perdite per circa 2 miliardi, il risultato operativo è in rosso per mezzo miliardo.

Il primo nodo da risolvere è la questione GM. Pochi anni prima la FIAT aveva concluso con la casa americana un accordo put a favore di Torino, cosa significa? In parole povere: la FIAT avrebbe potuto vendere tutto il suo capitale agli americani i quali non si sarebbero potuti tirare indietro. Marchionne ha il coltello dalla parte del manico e sa che nessuno comprerebbe un gruppo indebitato come quello della famiglia Agnelli, così rinegozia l’accordo e in cambio di 2 mld di euro solleva GM dai suoi obblighi.

Arriva l’ossigeno…

I conti del 2005 sono quelli della svolta: il gruppo registra, (per la prima volta dopo cinque anni), un utile di 1,4 miliardi e il risultato della gestione ordinaria è venti volte superiore a quello del 2004.

Quando presenta i conti  del 2006, Marchionne parla di una Fiat finalmente uscita dall’emergenza. Il 4 luglio 2007 la nuova 500 viene presentata sul mercato: inizia la rivoluzione dei modelli e dello stile.

La crisi del 2008 costringe però l’azienda a modificare i piani e richiede un massiccio ricorso alla cassa integrazione. Marchionne ammette che “Il 2009 sarà l’anno più difficile della mia vita perché sono state spazzate via le condizioni sulle quali avevamo definito i nostri programmi”.

Nonostante tutto, nello stesso anno, si salva Chrysler dal fallimento: Sergio Marchionne getta finalmente le basi di un progetto globale.

Nasce Fiat Chrysler Automobiles, attualmente sesto produttore mondiale di auto: con domicilio fiscale a Londra e sede legale ad Amsterdam, si quota sia a Milano che a Wall Street.

Ne consegue l’uscita storica da Confindustria, che Marchionne giustificò così:  “FIAT, che è impegnata nella costruzione di un grande gruppo internazionale con 181 stabilimenti in 30 paesi, non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato”.

Scelte impopolari e difficili insomma e anni ricchi di di obiettivi (non sempre raggiunti) ma perennemente contraddistinti dal valore dell’ambizione.

I fatti, in breve, sono questi, ed è inutile negarlo ma per un uomo senza confini che assume su di sé molte responsabilità i rischi e gli errori sono dietro l’angolo costantemente; dopotutto, lo stesso Marchionne ripeteva che “chi comanda è solo e io mi sento spesso solo”.

A chi in queste ore continua a scrivere che la famiglia Agnelli, dopo tutti i soldi pubblici ricevuti ha dimostrato poca riconoscenza nei confronti dell’Italia probabilmente non ha capito quale direzione ha iniziato a seguire l’economia mondiale negli ultimi 30 anni.

Per la FIAT in Italia non ci sarebbe stato futuro e Sergio Marchionne, da buon manager, ha saputo comprendere (in ritardo, ma non per colpa sua) che un gruppo come quello che era stato chiamato a guidare non avrebbe potuto prescindere in alcun modo da un progetto di respiro internazionale e globale.

Marchionne ha responsabilità per i soldi pubblici versati dallo Stato italiano alla famiglia Agnelli? Perché decenni di cattiva politica industriale avrebbero dovuto condizionare l’attività di un uomo che viveva nel futuro e che (da buon filosofo ora) imparava dagli errori del passato?

L’uomo che ha trasformato un’azienda sull’orlo del baratro in una multinazionale entra di diritto nella storia: se Giuseppe Garibaldi fu l’eroe dei due mondi nel diciannovesimo secolo, oggi Sergio Marchionne è l’eroe dei due mondi nell’era della globalizzazione contemporanea, l’era del caos.

Imprenditori e manager guardate e imparate: la grandezza si potrà anche costruire nei salotti (dove ancora molti membri di Confindustria credono si crei ricchezza) ma non crediate godrà di lunga salute; la longevità e  l’autonomia si forgiano sulla fantasia, sulla competitività, sul rischio vero.

Cari colleghi, siete dunque liberi di aspettare una fortuna che chissà quando arriverà, nel frattempo pensate: ” Siate come i giardinieri, investite le vostre energie e i vostri talenti in modo tale che qualsiasi osa fate duri una vita intera o perfino più a lungo” .